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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2013 alle ore 10:18.

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Un maxi investimento di dieci milioni per un nuovo impianto, tecnologicamente avanzato. È quello di Viva, big torinese nella produzione di zuppe di verdura fresche che inaugurerà l'impianto sabato prossimo a Rivoli, nel Torinese. Un altro maxi investimento che mostra la forza dell'industria alimentare in Italia.
«Dopo un anno di lavori – commenta Gianmichele Grosso, presidente e azionista principale di Viva srl – e con una congiuntura economica non favorevole, siamo riusciti a portare a termine quest'opera che ha impegnato duramente la proprietà, i dipendenti e i partner impegnati nella realizzazione di tutti gli impianti». Già perché investire pesantemente quando tira solo il mercato estero? «Questa struttura è d'avanguardia – assicura Grosso – È stata pensata per essere competitiva sul mercato nazionale, europeo e mondiale e, sicuramente, sarà in grado di generare nuovi posti di lavoro». Quindici ne sono stati assunti negli ultimi 2 mesi. Inoltre aggiunge Grosso lo stabilimento di Rivoli oltre a produrre una linea convenzionale di 19 referenze «è l'unico in Italia a produrre una linea di zuppe fresche Bio e senza glutine. La Viva è stata rilevata dalla mia famiglia tre anni fa».

La famiglia Grosso ha interessi immobiliari in Florida (l'imprenditore è rientrato in Italia dopo 7 anni all'estero) e in passato è stata impegnata nel business delle carni e in una catena di supermercati a insegna Di per dì.
L'area dell'immobile di Rivoli è 7mila metri quadrati, di cui 3mila per la produzione convenzionale e 2mila per il Bio e il "senza glutine". La capacita produttiva massima è di un milione di ciotole alla settimana «ma oggi siamo a 200mila – aggiunge Grosso – e il milione corrisponde agli obiettivi di business». Cioè 50 milioni di fatturato in un triennio (dai 10 attuali), di cui la metà all'estero.
Ma qual è il percorso di crescita? «Oggi abbiamo dei contratti di fornitura, sia con private label che con marchio proprio, con Carrefour, Finiper, Bennet, Pam, Coop e Sisa». E per l'estero, dove si combatte contro le multinazionali? L'imprenditore sottolinea che gli impianti consentono di "pastorizzare" le zuppe, «un processo che non altera il gusto e la qualità delle zuppe, ma semplicemente allunga la durata fino a 120 giorni: ciò ci consente di esportare fino all'Australia. Comunque nulla a che fare con il processo di sterilizzazione, per esempio, della Campbell Soup».
E. Sc.

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