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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 09:45.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2013 alle ore 09:46.

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Padelle al "cobalto 60" – indubbiamente economiche ma radioattive –, pentole a pressione con valvole fuori norma che saltano, posate al nichel. Sembra una lista nozze degli orrori. In realtà è il campionario di una contraffazione crescente che – al pari di arredamento, moda e agroalimentare – investe tutta la meccanica. Tanto che nei soli primi 10 mesi del 2013, secondo i dati del Consiglio nazionale Anticontraffazione – sono stati 2,8 milioni i prodotti meccanici sequestrati perché contraffatti. E uno dei settori più "flagellati" è proprio quello dei casalinghi: pentole, posate, coltellerie, rubinetterie e valvole. L'Italia è prima in Europa, staccando la Francia (770 milioni di euro di fatturato e una quota export del 70 per cento).

Se ne è discusso ieri nella sede di Anima (l'Associazione dell'industria meccanica) che ha ospitato l'ultima tappa del seminario anti-contraffazione organizzato da Confindustria, Mise, Agenzia Dogane e Guardia di Finanza per sensibilizzare le imprese e illustrare loro gli strumenti operativi per difendersi.

Macchinari con componenti scadenti o non omologati, con certificazioni fasulle o rilasciate dagli enti ceritificatori dei Paesi di origine con leggerezza e senza controlli rigorosi. Si va dai ricambi per treni, auto e aerei, ai dischi dei freni in materiale low-cost. Sino, appunto, alla partita di pentole radioattive proveniente dall'India e sequestrata la scorsa primavera a Taranto, dopo un controllo dell'istituto Zooprofilattico di Foggia e conseguente ritiro dal mercato.

«Mangiare biologico in padelle non sicure è un puro controsenso – ha aggiunto Andrea Barazzoni, presidente Fiac (Associazione fabbricanti italiani articoli casalinghi) –. Crescono i casi di distributori che non pongono attenzione alla merce mettendo in commercio prodotti esteri o non conformi o potenzialmente dannosi». Sotto accusa le importazioni da Cina, Vietnam e dalla vicina Turchia.

«In Italia - ha spiegato Giuliana Ferrofino, vicepresidente Anima con delega all'Anticontraffazione – vediamo proliferare prodotti non omologati o non certificati che inquinano un mercato già debolissimo. Per questo Anima ha attivato, dai primi di novembre, un proprio desk anticontraffazioni con consulenti e avvocati per dare consulenza e informazioni alle imprese, sino a fornire assistena legale giudiziale e stragiudiziale agli associati».

I primi due casi sono già sul tavolo. «Si tratta – ha spiegato Daniela Mainini, presidente del Consiglio nazionale Anticontraffazione e partner nella creazione dello Sportello Anticontraffazione Anima – di due aziende che hanno trovato copiati modelli, marchi e colori da parte di produttori del Far East. Ma sono giunte già molte richieste di chiarimenti e informazioni da cui però traspare spesso la rassegnazione di non poter agire, soprattutto all'estero, per far valere le proprie ragioni. E invece le imprese devono sapere che gli strumenti legali, le norme e le procedure per tutelare i prodotti o chiedere giustizia, in caso di illeciti, anche al di fuori dell'Europa, ci sono».

Secondo Egidio Mori, titolare della Eme-posaterie, una delle aziende storiche del distretto della posateria di Lumezzane, nel Bresciano, «l'unica difesa è quella di depositare il più possibile marchi e brevetti. Ma ci vuole rigore in dogana e bisogna fermare sia gli importatori che i distributori, i quali, o per risparmiare o in buona fede, fanno entrare, soprattutto dall'Est, merce dannosa».

Nel 2012 sono stati oltre 105 milioni i prodotti sequestrati in Italia: il 58% per contraffazione, il 37% perchè pericolosi o tossici, il 5% perchè falsi "Made in Italy". Anche se la contraffazione è un'industria che non conosce crisi. Secondo il Censis produce, solo in Italia, un fatturato di 6,9 miliardi di euro e 1,7 miliardi di tasse non versate. Ma soprattutto sottrae all'economia legale 13,7 miliardi di produzione e 5,5 miliardi di valore aggiunto.

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