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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 09:51.

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L'ufficializzazione è attesa per la seconda settimana di dicembre, dopo l'omologa del concordato, ma l'indiscrezione che le cucine Berloni parleranno cinese al 94% (il 6% resterà alla famiglia pesarese che ha fondato il gruppo di Montelabbate negli anni Sessanta) viene data già per scontata. La firma in tribunale per chiudere il capitolo del concordato aperto dai Berloni più di un anno fa – con la successiva discesa in campo, lo scorso luglio, del cavaliere bianco taiwanese, la corporation Hcg che ha rilevato il 50% della nuova società Berloni group – è stata infatti rinviata di altri venti giorni per questioni tecnico-formali, rispetto alla data del 19 novembre fissata dal tribunale.

Nel frattempo, però, è stato scisso il sodalizio con l'advisor Intermedia che aveva l'incarico di piazzare il 44% del capitale rimasto inesitato e che aveva espresso il presidente Giuseppe Gioli. Nel Cda della scorsa settimana Gioli è stato sostituito alla guida del gruppo di cucine dal taiwanese Michael Chiu di Hcg. La multinazionale specializzata in bagni ed edilizia (quotata alla Borsa di Taipei) a questo punto diventa il candidato ideale a rilevare il milione e trecentomila euro circa di capitale ancora in circolazione (quel 44% non affidato) e a traghettare il marchio di cucine nella nuova era targata proprietà cinese ma stile e produzione made in Italy.

La famiglia Berloni per ora non commenta, la gestione uscente conferma invece i budget predisposti finora e i 97 dipendenti al lavoro già dall'autunno (più di duecento sono ancora in cassa integrazione) con l'obiettivo di realizzare entro fine anno 1.200 cucine e portare in cassa 6 milioni di fatturato. Destinato a salire a 55 milioni di euro entro il 2017 con 15mila cucine in produzione. Numeri che riporterebbero il marchio pesarese vicino ai risultati del 2011, anno prima del tracollo causato da asfissia per debiti e bassa apertura all'export (30%). Una nuova vita di cui però porteranno il segno i creditori chirografari che vedranno rimborsato solo l'11,5% dei pagamenti dovuti.

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