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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2013 alle ore 12:35.

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Più energia nei rapporti tra Italia e Giappone: la riunione annuale plenaria dell'Italy-Japan Business Group, che si tiene oggi a Tokyo, si svolge in un momento in cui ci sono segnali di risveglio dell'attenzione reciproca - anche per via dell'"Abenomics" - mentre cresce l'interesse per collaborazioni nel settore energetico. Non a caso il forum annuale di confronto tra gli imprenditori dei due Paesi è stato preceduto ieri da un seminario sulla "Smart Energy".

È emerso che il gruppo Mitsubishi è interessato a effettuare nuovi investimenti in Italia nelle energie rinnovabili, dopo quello che l'ha portato nel capitale di Solar Holding, mentre varie piccole e medie società italiane vorrebbero investire nell'energia solare in Giappone, attratte da tariffe ai vertici mondiali per convenienza. Flussi nei due sensi, insomma: se Chiyoda Corp. è diventata socia di Archimede Solar Energy, il gruppo Infrastrutture ha vinto due gare per lo sviluppo di progetti fotovoltaici in Giappone. «Stiamo allargando il nostro orizzonte fuori dall'Europa», afferma Riccardo Amoroso, ad della joint venture tra Enel e Sharp nella generazione di energia solare, che compra i pannelli dalla joint produttiva tra le due società a Catania (3Sun).

Commercio da record
L'assemblea avviene quasi in coincidenza con il rilascio di dati statistici che evidenziano come l'avanzo commerciale italiano verso il Giappone cresca in modo costante e sia diventato permanente: una situazione che pochi avrebbero pronosticato solo pochi anni fa. Nei primi nove mesi di quest'anno, secondo i dati doganali giapponesi, le esportazioni italiane sono aumentate del 26,7% a 700,2 miliardi di yen: un trend che fa ipotizzare all'ufficio Ice di Tokyo il raggiungimento della soglia record di mille miliardi di yen a fine anno. Solo a settembre l'export italiano è salito del 28,8% a 75 miliardi di yen. Certo conta anche l'indebolimento dello yen, ma la tendenza appare decisamente positiva e destinata a continuare anche in vista di una maggiore apertura del mercato nipponico. Quanto al turismo, le prospettive appaiono buone tanto che l'Alitalia, pur in difficoltà, dal prossimo aprile attiverà per la prima volta voli diretti tra Venezia e Tokyo ed è intenzionata a chiedere slot anche all'aeroporto di Haneda.

I negoziati Ue-Giappone
Domani a Bruxelles si chiude il terzo round delle trattative per una una intesa di libero scambio rafforzata tra Ue e Giappone. Le indiscrezioni indicano che questa volta i negoziatori europei, guidati da Mauro Petriccione, abbiano messo chiaramente sul tappeto richieste che interessano l'Italia, come quella di una riduzione dei dazi giapponesi sui prodotti agroalimentari e in particolare su vino (dazi del 15%), formaggi (fino al 29,8%) e prosciutto (8,5%). Il punto sarà fatto in un summit Ue-Giappone a Tokyo a fine novembre.

Gli investimenti
Gli investimenti giapponesi in Italia negli ultimi anni sono aumentati attraverso acquisizioni di aziende. Con effetti di solito positivi: il gruppo Lixil sta per annunciare un rialzo dell'80% dei profitti nel primo semestre anche grazie all'acquisizione di Permasteelisa. «Ci stiamo muovendo per sviluppare gli investimenti effettuati dai giapponesi negli ultimi anni, quando lo yen era forte», dice Giuseppe Arcucci di Invitalia, citando la collaborazione con Toshiba per una nuova fabbrica in Liguria facente capo ad Ansaldo T&D (acquisita due anni fa dal colosso nipponico). Di recente è stato raggiunto l'accordo per salvare lo stabilimento Bridgestone di Bari, dove saranno spostate produzioni ora realizzate nel Sud-est asiatico. In direzione inversa, la Jetro (che ha un ufficio a Milano) sta sollecitando più di prima gli investimenti diretti italiani in Giappone e promette maggiori agevolazioni, visto che l'Abenomics intende raddoppiare lo stock totale di Fdi a 35mila miliardi di yen entro il 2020. Il 2020 sarà anche l'anno delle Olimpiadi di Tokyo: un evento che dovrebbe sostenere domanda e investimenti.

La doppia imposizione
I giapponesi tengono molto all'entrata in vigore dell'intesa bilaterale – firmata nel 2009 e già ratificata da Tokyo - sulla sicurezza sociale, che eviterebbe una doppia imposizione previdenziale considerata un fattore non-tariffario che scoraggia gli investimenti nipponici in Italia rispetto ad altri Paesi europei. Di recente il segretario generale della Farnesina Michele Valensise è venuto a Tokyo - anche per preparare una visita del premier Abe in Italia, forse già a gennaio - e ha espresso «il massimo impegno del governo italiano per favorire la sollecita ratifica dell'accordo». Il "buco" per l'Inps sarebbe intorno ai 10 milioni di euro (in quanto ci sono più giapponesi in Italia, specie in posizioni di management, che non italiani in Giappone).

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