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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2013 alle ore 17:38.
L'ultima modifica è del 26 novembre 2013 alle ore 19:09.

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Nulla da fare. L'aeroporto di Rimini chiude. Il tribunale ha decretato poco fa il fallimento della società di gestione Aeradria nonostante gli 8,3 milioni di risorse fresche racimolate in extremis dai curatori con la speranza di chiudere con un'omologa il concordato di continuità aperto oltre un anno fa.

Il procuratore capo di Rimini, Paolo Giovagnoli, aveva già pre-allertato la stampa, dopo l'ennesimo rinvio all'udienza dello scorso 21 novembre che «ormai e' una specie di farsa, noi chiediamo il fallimento di Aeradria perché i dati a sostegno del concordato di continuità si rivelano sempre falsi ogni volta che un soggetto terzo si trova ad esaminarli. Che le due società collegate ad Aeradria, Air e Rimini Promotions (fallite entrambe, la seconda giusto otto giorni fa, ndr) fossero un tutt'uno con Aeradria è noto».

No comment da banca Carim, principale creditore di Aeradria che aveva dato il benestare alla conversione del debito in azioni, nonché capofila delle sei banche che nelle ultime settimane si sono prodigate per salvare Miramare, con un prestito obbligazionario convertibile e convertendo da 2 milioni di euro volto a rafforzare il patrimonio di Aeradria e un minibond da 1,3 milioni (altri 1,7 milioni erano garantiti da risparmi del personale concordati con i sindacati).

«Abbiamo perso tutti, magistratura compresa – commenta Mauro Gardenghi, segretario provinciale Confartigianato - ha deciso il tribunale e rispettiamo la sentenza, ma ha perso tutto il territorio, che aveva prodotto rilevanti sforzi economici. Sono deluso, speravo in una soluzione del problema che salvaguardasse l'interesse delle imprese che era quello di tenere in vita un'infrastruttura strategica per la nostra economia».

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