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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2013 alle ore 17:03.

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Un autentico choc, per le istituzioni e per le imprese. Con il fallimento di Aeradria, società di gestione dell'aeroporto Fellini di Rimini, rischiano di andare in fumo qualcosa come 800 milioni di indotto, oltre a 78 posti di lavoro. E le ipotesi sul tavolo, su quello che adesso potrà accadere a partire da un eventuale ricorso in appello contro la sentenza del Tribunale, sono tante.

I voli sono salvi, almeno per qualche mese. Il giudice Rossella Talia ha consentito l'esercizio provvisorio fino al prossimo giugno, nominando come curatore fallimentare il commercialista bolognese Renato Santini. Provvedimento che dovrebbe consentire allo scalo di mantenere la concessione Enac, in scadenza proprio in questi giorni. Ma sul destino del Fellini restano mille incognite. A partire dalle sorti del personale. Per arrivare, poi, alla possibilità di ricorrere a un bando europeo e verificare l'effettivo interesse di eventuali investitori privati. Praticamente lo stesso percorso che sta seguendo Forlì con lo scalo Ridolfi, grazie al via libera di Enac e ministero.

Durissimo il presidente degli Industriali riminesi, Paolo Maggioli. «Paghiamo una gestione incompetente e pressapochista – dice – che era stata finalmente sostituita da manager capaci. Lo scalo, almeno in questa fase, può continuare a operare e questa è la cosa più importante. Ma dobbiamo trovare rapidamente una soluzione. Rimini non può fare a meno di un aeroporto, grazie al quale sopravvivono fiera e Palacongressi. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».

Aeradria - collassata con un debito di oltre 52 milioni di euro dopo un inutile tentativo di salvataggio da parte di Provincia e Comune, soci di maggioranza ma anche banche creditrici pronte a entrare nelle compagine societaria - fa affondare anche l'idea della Regione di trovare una soluzione politica alla guerra dei cieli che in Emilia Romagna, nell'arco di pochissimo tempo, ha cambiato radicalmente lo scenario.

Dopo il crack del Ridolfi, chiuso ai voli commerciali dal maggio scorso, la bancarotta di quello di Rimini rivoluziona tutto. Resta, di fatto, unico scalo della regione (a fronte anche delle difficili condizioni del piccolo aeroporto di Parma) il Marconi di Bologna, controllato con una quota superiore al 50% dalla Camera di Commercio di Bologna, che si è sempre rifiutata di lanciare una ciambella di salvataggio al Fellini.

Troppi i debiti accumulati negli anni da Aeradria per convincere l'ente camerale, a dispetto delle pressioni della Regione, sponsor di un sistema aeroportuale regionale, con una integrazione tra gli scali. La quota di minoranza (nemmeno il 9%, inferiore anche a quella del Comune del capoluogo emiliano, che detiene quasi il 17%) con la quale l'ente di viale Aldo Moro siede nel cda della Sab, la società di gestione del Marconi, le ha di fatto sempre impedito di esercitare un ruolo decisivo.

No comment, in queste ore del presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali. Vitali è indagato dalla Procura della repubblica al pari del sindaco della città romagnola, Andrea Gnassi, e dei membri del vecchio consiglio di amministrazione, a partire dall'ex presidente Massimo Masini. Le ipotesi di reato vanno dal falso in bilancio alla violazione della legge fallimentare. Vitali deve rispondere anche di abuso d'ufficio a causa delle cosiddette lettere di patronage con le quali la Provincia aveva permesso ad Aeradria di ottenere prestiti dalle banche solo sulla base della garanzia istituzionale.

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