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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2013 alle ore 15:20.

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Il baricentro dell'energia si sposterà sempre più verso le economie emergenti. E saranno quei mercati, dalla Cina all'India, passando per il Medio Oriente, a trainare la domanda e a determinare, da qui al 2035, un aumento di circa un terzo dei consumi energetici globali. Ecco il futuro secondo il World Energy Outlook 2013 che è stato presentato oggi a Roma da Fatih Birol, chief economist dell'International Energy Agency, alla presenza dell'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni e dei ministri dello Sviluppo economico e degli Affari esteri, Flavio Zanonato ed Emma Bonino. Il corposo rapporto dell'agenzia tratteggia quindi la rotta del mercato energetico e indica nella Cina, e poi dal 2020, nell'India i due paesi che guideranno la leadership dell'Asia nella domanda energetica globale.

Peseranno le dicrepanze di competitività
Ma quale sarà il mix energetico predominante? Il rapporto è chiarissimo. I combustibili fossili continueranno a trainare il soddisfacimento del fabbisogno energetico mondiale (76% della domanda primaria di energia al 2035 contro l'82% nel 2011), ma sarà destinato a aumentare, avverte l'agenzia, il gap tra gli Usa, sempre più forti grazie alla rivoluzione dello shale gas, e il Vecchio Continente. Peseranno insomma le discrepanze di competitività che condizioneranno investimenti e strategie aziendali. Calerà poi il consumo di petrolio, dal 31% al 27% nel 2035, a favore di altre fonti, soprattutto il gas naturale che incrementerà moltissimo la sua incidenza. Basta vedere i numeri: si passerà dal 21% del 2011 al 24% del 2035, con una crescita del 48% e un ruolo via via crescente del gas non convenzionale. Quanto alle rinnovabili, rappresenteranno metà della crescita nella generazione globale di elettricità fino al 2035, con vento e solare che costituiscono il 45% dell'espansione delle rinnovabili.

La tecnologia aprirà l'accesso a nuove risorse
Tornando al petrolio, il rapporto sottolinea il contributo che potrà arrivare dalla tecnologia in grado di aprire l'accesso a nuove risorse, come il tight oil (345 miliardi di barili), le offshore ultra profonde (272 miliardi di dollari) o il recupero più efficace di quelle nei campi esistenti (300 miliardi di barili). E, se gli Usa nel medio termine saranno comunque centrali nei mercati petroliferi mondiali, il documento evidenzia come il Medio Oriente, unica grande fonte di petrolio a basso costo, sarà comunque fondamentale nelle prospettive di lungo termine. La nuova geografia della domanda e della risposta, poi, ridisegnerà il commercio globale del petrolio con i mercati asiatici che, come detto, dreneranno flussi crescenti di greggio (il 63% del totale al 2035). Per contro, avverte l'agenzia, il Nord America ridurrà il suo fabbisogno di importazioni di greggio, fino a diventare autosufficiente entro il 2030. Ma soprattutto si faranno strada altri mercati come il Brasile, cui è dedicata una sezione speciale nel rapporto di quest'anno, destinato a diventare un grande esportatore di petrolio e uno dei principali produttori energetici globali.

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