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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2013 alle ore 11:48.
A lungo gli uffici pubblici hanno addotto a giustificazione dei dati inquietanti sui ritardi dei pagamenti la mancanza di risorse. Un problema che certo è stato, ed è tuttora, un macigno che pesa sulla regolare estinzione dei debiti della Pa verso il sistema produttivo del Paese (70 miliardi certificati dalla Banca d'Italia, oltre 110 miliardi secondo le stime del Sole 24 Ore).
I dati diffusi da Cerved Group, che il Sole 24 Ore anticipa nell'articolo accanto, evidenziano come la mancanza di fondi non è il solo problema. Il macigno, per certi versi ben più grave, è quello di una pubblica amministrazione, che pur dotata delle risorse non riesce ad adempiere in maniera puntuale e tempestiva ai suoi obblighi. Su oltre 24 miliardi di euro disponibili agiugno, e quindi liquidabili, ne sono stati erogati alle imprese poco più di 16. Ne mancano all'appello circa sei, un terzo del totale. Non è poco, sono cifre da minimanovra economica, più di quello che il Governo da mesi cerca affannosamente di trovare per coprire il buco dell'abolizione dell'Imu sulla prima casa.
Il problema è il solito. Mancano regole e automatismi per rendere fluidi i meccanismi di erogazione di fondi dovuti per lavori svolti o prestazioni già eseguite. Ove ve ne fosse bisogno, i dati sui pagamenti delle Asl che pubblichiamo nel secondo articolo in pagina confermano in maniera inequivocabile la gravità della situazione. In Italia, da Domodossola a Lampedusa, non c'è una sola Asl che paga con puntualità i fornitori. Neanche una. Come se il ritardo del pagamento fosse ormai una prassi consolidata. Come se le regole sui tempi di liquidazione delle fatture fossero scritti sull'acqua. Norme meno efficaci delle altre.
Per pagare e per morire c'è sempre tempo, dice un vecchio proverbio. Ma a morire, paradosso dei paradossi, sono le imprese asfissiate dai crediti.
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