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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 09:43.
L'ultima modifica è del 12 dicembre 2013 alle ore 19:15.

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TARANTO - Il pubblico ministero Giovanna Cannarile una settimana fa aveva chiesto per Emilio, Fabio e Claudio Riva, proprietari dell'Ilva, la condanna a 4 anni e 6 mesi ciascuno. Ieri sera il Tribunale - presidente Fulvia Misserini - li ha assolti dall'accusa di concorrenza illecita nelle attività di carico e scarico del porto di Taranto. Il fatto non sussiste, ha sentenziato il Tribunale chiudendo una vicenda partita nel 2003 con una denuncia presentata da una compagnia marittima di Taranto seguita poi da altre quattro. Trenta milioni di euro la richiesta di risarcimento danni presentata.

I Riva erano stati coinvolti in quanto Emilio presidente dell'Ilva, il figlio Fabio vice presidente e l'altro figlio Claudio consigliere delegato. Emilio e Fabio sono coinvolti anche nell'inchiesta giudiziaria per inquinamento. Emilio, in particolare, ha scontato un anno di arresti domiciliari mentre Fabio è soggetto a procedura di estradizione dall'Inghilterra in Italia perchè colpito dal 26 novembre 2012 da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Quattordici in tutto, invece, gli imputati nel processo per il traffico portuale. Tra questi, alcuni esponenti delle società Anchor Shipping e Navalsud, beneficiarie del monopolio voluto dai Riva secondo l'accusa, e il dirigente dell'Ilva che aveva la procura a gestire i pontili dati in concessione alla società siderurgica. Per alcuni di loro, il pm aveva chiesto rispettivamente 6 anni e 6 anni e 6 mesi con l'accusa di estorsione e tentata estorsione. Secondo il pm, gli imputati avrebbero sostenuto falsamente che l'llva fosse titolare di un terminal privato presso il porto di Taranto dove potevano operare solo Anchor Shipping e Navalsud. Queste ultime avrebbero praticato prezzi inferiori a quelli stabiliti dalle tariffe previste dalla legge per le prestazioni raccomandatarie marittime. A sostegno dell'accusa di monopolio anche gli accertamenti fatti dalla Guardia di Finanza, secondo la quale negli anni compresi dal 2000 al 2004 Anchor e Navalsud, a fronte di 3.255 navi approdate presso i pontili dell'Ilva, ne hanno curato 2.941 corrispondenti ad una percentuale complessiva del 90,35 per cento. In particolare il 77,57 per cento delle navi è stato trattato da Anchor ed il 12,78 per cento da Navalsud. Successivamente, secondo la Finanza, lla percentuale è arrivata al 100 per 100 delle navi.

Archiviato per ora questo caso giudiziario, un'altra battaglia attende il 20 dicembre i Riva. In Corte di Cassazione si discute infatti il ricorso presentato dagli avvocati della capogruppo Riva Fire contro il sequestro preventivo per equivalente per 8 miliardi di euro disposto a fine maggio dal gip di Taranto, Patrizia Todisco. Un sequestro motivato dal gip col fatto che ammonta appunto ad 8 miliardi il danno ambientale causato dai Riva nella gestione dell'Ilva. Il sequestro ha coinvolto anche Riva Acciaio e Riva Forni elettrici ma solo 2 miliardi tra conti, partecipazioni e immobili sono stati trovati e quindi sottoposti ai sigilli. Escluso invece dal sequestro lo stabilimento di Taranto poichè «protetto» dalla legge 231 del 2012 che ne consente la continuità produttiva ai fini del risanamento ambientale.

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