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Questo articolo č stato pubblicato il 28 dicembre 2013 alle ore 11:56.

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LECCE - Una manciata di contestati chilometri di condotta interrata. Sono quelli che interessano il Salento per il gasdotto Trans-adriatico destinato a portare in Italia e in Europa 10 miliardi di metri cubi di gas l'anno dal giacimento del Mar Caspio. Poco piů di 5 chilometri su un totale di oltre 870 che corrono lungo l'Albania, la Grecia e il mar Adriatico e che ora rischiano di bloccare l'avanzamento del progetto Tap, (acronimo di Trans adriatic pipeline).

Con un terminale di ricezione, il gasdotto dovrebbe approdare a Melendugno, ma le opposizioni sono tante e saldano un fronte eterogeneo nel quale si ritrovano amministratori locali, ambientalisti, operatori turistici, esponenti delle associazioni ma anche cittadini. Tutti pronti a dare battaglia in nome del territorio, del paesaggio e del turismo, che qui é una rilevante fonte economica. Se ne sono resi conto, ieri a Lecce, Governo, Regione Puglia e Tap, impegnati nel promuovere il dialogo. La strada é in salita. E il punto di approdo del gasdotto potrebbe anche cambiare.

«La Valutazione di impatto ambientale – spiega il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che ha parlato davanti ad una platea che lo ha ripetutamente contestato – terrá conto di tutti gli aspetti, compresa la discussione con le comunitá locali. Non ci sono decisioni definitive sulla localizzazione». De Vincenti definisce prematuro, con una valutazione in corso, parlare di fusione del gasdotto Tap con quello dell'italiana Edison e la greca Depa il cui sbocco é collocato nella vicina Otranto, ma tiene fermo un punto: «Il progetto Tap ha valenza strategica, fa parte di accordi internazionali e dobbiamo realizzarlo nel modo migliore possibile offrendo le garanzie necessarie anche per l'impatto ambientale». Per De Vincenti «c'é un interesse pubblico da tutelare ed é composto da due cose: quello del nostro Paese, che vuole diversificare le fonti di approvvigionamento del gas, e quello delle comunitá locali che devono accogliere l'opera. Dobbiamo tenere insieme i due aspetti. Rischio Tav qui? Non credo – afferma –: stiamo provando a superare i problemi col dialogo».

Rumoreggia la platea e accusa De Vincenti, ma anche la Regione, di consultazione «farsa». «Dovevate venire prima di firmare l'intesa, non adesso» gridano al sottosegretario. «Abbiamo ratificato un accordo che a marzo aveva giá approvato l'Albania e ad aprile la Grecia – prova a chiarire De Vincenti –. C'erano obblighi internazionali, e poi Tap é un progetto che interessa tutta l'Europa, che ci chiede di andare avanti sulla strada della decarbonizzazione». Snocciola cifre De Vincenti e indica una domanda di gas in salita. Nel 2035 in Europa si attesterá a 669 miliardi di mc annui contro i 569 del 2012. Per l'Italia, invece, si stima un consumo di 95-100 miliardi di mc nel 2030. «Numeri senza fondamento» li definisce Antonio De Giorgio, componente del tavolo tecnico ed una delle voci del dissenso ma non del fronte oltranzista. «Questo gasdotto é frutto di valutazioni geopolitiche e di chi vuole mettere le mani sul giacimento del Mar Caspio – afferma –. Non c'é un quadro programmatico, né progettuale, né ambientale».

«Sapevamo che il clima era teso ma urla e invettive sacrificano solo un'occasione di confronto che il Governo per primo ha voluto» afferma Giampaolo Russo, ad di Tap Italia. Che denuncia minacce e intimidazioni verso la societá. «Si insorge sui nostri chilometri quando l'Italia ha ben 82mila km di gasdotti, parte dei quali ad alta pressione». E portare altrove l'approdo del gasdotto? «Deve essere comunque un sito che ne permette la fattibilitá».

Piú di De Vincenti, l'assessore regionale Guglielmo Minervini é nel mirino degli oppositori. La platea, che rimprovera alla Regione Puglia silenzio e acquiescenza, pretende che Minervini dica subito un no netto e chiaro al gasdotto. «Il 4 gennaio – spiega – riuniremo la commissione regionale di Via. Faremo le nostre scelte e le comunicheremo a Roma».

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