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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2014 alle ore 09:29.

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Il 2014 potrebbe essere l'anno del boom del finanziamento extra-bancario alle piccole e medie imprese, con l'impegno diretto dei grandi intermediari istituzionali (gruppi del risparmio gestito e assicurazioni) nel finanziamento a favore di nascita e sviluppo di nuove avventure imprenditoriali.

La versione varata a metà dicembre di "Destinazione Italia", il pacchetto pro-crescita voluto dal governo Letta, contiene una serie di facilitazioni fiscali che dovrebbero consentire il decollo definitivo dei mini-bond e delle altre forme di finanziamento diretto, anche attraverso emissioni azionarie, alle piccole e medie aziende.

In questo modo l'industria italiana del risparmio gestito, che a fine 2013 gestiva un patrimonio di oltre 1.300 miliardi di euro, potrà dare il suo contributo alla creazione di un circolo virtuoso fra risparmio, investimenti e sviluppo nel nostro Paese. Una grossa opportunità anche per le Pmi – oggi circa i due terzi del loro approvvigionamento di risorse passa attraverso il sistema bancario, ma con sempre maggiori difficoltà e a condizioni sempre più onerose – che avranno la possibilità di raccogliere denaro a costi vantaggiosi per finanziare i loro progetti di crescita.

Ma qual è la somma che potrà essere mobilitata? Alcuni mesi fa uno studio di Assogestioni stimava che un ammontare compreso fra lo 0,5% e l'1% del totale gestito dall'industria italiana dei fondi potrebbe essere destinato al finanziamento delle piccole e medie imprese. Considerando i 1.300 miliardi gestiti a fine 2013, vorrebbe dire una cifra fra 6,5 e 13 miliardi di euro.

Potrebbe sembrare poco, a un osservatore superficiale, ma – giusto per avere un metro di paragone – è il caso di ricordare che nel 2013 le società quotate a Borsa Italiana, considerando sia quelle di nuova ammissione che quelle già presenti sul listino, hanno raccolto complessivamente 2,3 miliardi (aumenti di capitale e Ipo).

Quindi, anche considerando l'ipotesi più restrittiva, la somma che il sistema dei fondi potrebbe mettere a disposizione dello sviluppo delle Pmi è comunque il triplo di quello che l'anno scorso, considerato unanimemente molto buono per Piazza Affari, le quotate italiane hanno raccolto in Borsa. È vero che le aziende sul listino milanese sono 326, mentre le Pmi sono quasi 4 milioni (cioè oltre 10mila volte tanto), ma il paragone è comunque significativo per capire i valori in gioco.

Se a questo poi aggiungiamo quanto potranno destinare al finanziamento delle attività illiquide (come tipicamente sono molti strumenti delle imprese non quotate) i fondi di nuova generazione, è facile capire che queste cifre potrebbero lievitare ancora, favorendo una "rivoluzione" nella struttura del capitalismo italiano.

La cifra esatta della potenziale ulteriore disponibilità non è facile da calcolare, ma se ipotizziamo, come ha fatto recentemente il presidente di Assogestioni, Domenico Siniscalco, un 10% del patrimonio dei nuovi fondi (è quanto prevede oggi la normativa europea Ucits come percentuale di investimento in attività illiquide) è immaginabile che la cifra disponibile sia, alla fine, di tutto rispetto.

A questo punto c'è da chiedersi se aziende e fondi sono pronti a gestire nel migliore dei modi queste novità.
Le aziende certamente sì, sanno che la sfida per ottenere i finanziamenti con il risparmio degli italiani sarà quella di presentare progetti di crescita, sviluppo o risanamento credibili, in grado di avere un ritorno nel medio periodo.

Anche i gestori del risparmio si stanno preparando. Molti hanno già lanciato sul mercato strumenti destinati a investire nei mini-bond emessi dalle piccole e medie imprese. Certo, il processo non è facile, perché uno strumento obbligazionario ha costi fissi importanti, che prescindono dalle dimensioni dell'emissione: quando la somma messa sul mercato è limitata, la convenienza dell'operazione salta.

Un approccio interessante è quello messo in campo da Azimut Sgr, che a fine gennaio (vedi intervista a fianco) presenterà il progetto "LiberaImpresa" che, attraverso una serie di iniziative integrate, vuole seguire e finanziare le tappe della vita di una società dalla nascita fino alla sua maturità (ed eventuale cessione o quotazione in Borsa), in modo da «sostenere giovani imprenditori e Pmi, contribuendo anche al rilancio del Sistema Italia».

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