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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2014 alle ore 19:04.
L'ultima modifica è del 24 gennaio 2014 alle ore 08:36.

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Solo un contratto a tempo indeterminato su 10 interessa giovani di età inferire ai 24 anni, e quindi «la riforma Fornero non sembra aver sollecitato le imprese a un maggior ricorso a forme di lavoro standard per le giovani generazioni».

Lo scrive il primo monitoraggio sulla legge 92 realizzato dal ministero del Lavoro, e reso noto oggi. Il rapporto prende in considerazione 19 indicatori e, a livello scientifico, passa al setaccio gli effetti della legge 92.

Crollano contratti di collaborazione e a chiamata
Sul fronte della flessibilità in entrata, si segnala il calo dell'utilizzo del contratto a tempo indeterminato «che nel secondo trimestre 2013 ha interessato in egual misura le donne (-10,1%) e gli uomini (-10,3%). Inoltre 6 attivazioni stabili su 10 sono riservate a lavoratori "over 34". Leggerissima crescita del contratto a tempo determinato (+0,2% nel terzo trimestre 2013). A crescere sono soprattutto i contratti a tempo di durata brevissima, 1-3 giorni: nel terzo trimeste 2013 (sull'anno) si osserva un incremento del 4,6%. A partire dal terzo trimestre 2012 il volume di attivazione dei rapporti intermittenti decresce fortemente su base annua e nel terzo trimestre 2013 rappresenta ormai solo il 4,4% degli avviamenti totali. Anche i contratti di collaborazione subiscono un forte ridimensionamento dopo l'approvazione della riforma.

L'apprendistato non sfonda
Il contratto di apprendistato continua a non sfondare. I contratti attivati nel secondo trimestre 2013 sono solo il 2,7% dei 2,7 milioni di contratti totali, una quota in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012. Inoltre, si osserva un crollo del numero di contratti attivati riservati a giovani fino a 19 anni (-40% su base tendenziale nel secondo trimestre 2013), e un calo del 9,7% per la fascia d'età 25-29 anni. Anche il numero medio di apprendisti trasformati in contratti a tempo indeterminato subisce una notevole flessione: tra aprile e giugno 2013 sono stati trasformati solo l'1,3% dei contratti attivi (appena 6.013), il 14% in meno su base tendenziale con una maggiore accentuazione del fenomeno per le classi di età più giovani.

Licenziamenti, solo il 9% delle cessazioni
Il monitoraggio evidenzia anche come le conclusioni dei rapporti di lavoro per licenziamento sono in diminuzione dall'inizio del 2013 e costituiscono circa il 9% delle cessazioni. Tra le varie tipologie di licenziamento, il giustificato motivo oggettivo rappresenta circa il 75% del totale dei licenziamenti, mentre l'incidenza del licenziamento collettivo negli ultimi trimestri si attesta intorno all'1%. La quasi totalità dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, giusta causa e giustificato motivo soggettivo si concentra nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato (oltre l'80%); nel tempo determinato tali cause superano di poco il 10% e sono residuali nell'apprendistato. Rispetto alla dimensione aziendale, nell'arco dei dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge 92, i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo sono avvenuti per il 75% nelle imprese con meno di 15 addetti.

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