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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2014 alle ore 15:14.

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Le grandi aziende dolciarie piemontesi sono note a tutti, così come i poli concentrati su Novi Ligure, su Fossano, su Torino. Ma la vocazione internazionale dell'industria dolciaria piemontese non è limitata alla Ferrero, alla Novi Elah Dufour, alla Balocco o alla Maina, a Grom. Le venti aziende che prenderanno parte, la prossima settimana, al Salone internazionale dei prodotti dolciari (Ism) a Colonia, vantano comunque una media del 60% di fatturato realizzato sui mercati esteri.

E la scelta di Colonia - con una partecipazione che rientra nel progetto integrato di filiera Piemonte food excellence, gestito dal Ceipiemonte su incarico della Regione e delle Camere di commercio piemontesi - non è casuale, poiché la Germania assorbe oltre il 16% dell'export alimentare piemontese, su un totale di esportazioni che sfiorano i 3 miliardi di euro, preceduta solo dalla Francia che importa dal Piemonte prodotti alimentari per oltre mezzo miliardo di euro. Ma per le aziende subalpine il Salone offre anche la possibilità di confrontarsi con i principali concorrenti mondiali poiché a Colonia saranno presenti quasi 1.500 espositori in arrivo da oltre 70 Paesi, con un afflusso previsto di almeno 35mila visitatori professionali.

La produzione piemontese - dal cioccolato cuneese Venchi alle torinesi Pastiglie Leone, dal torrone astigiano di Barbero ai cioccolatini alessandrini di Bodrato – potrà presentarsi alla catene di negozi, ai buyer del commercio all'ingrosso ed al dettaglio dell'industria dolciaria, ai negozi di healt food ed agli specialisti del marketing e della distribuzione.
D'altronde la sfida internazionale non spaventa le aziende piemontesi, a partire proprio da quelle del settore agroalimentare. «Nei primi 9 mesi dello scorso anno - ricordano ad Unioncamere Piemonte – a fronte di una performance complessiva dell'export piemontese che ha registrato un incremento del 2,9% rispetto al corrispondente periodo del 2012, la crescita delle esportazioni del comparto agroalimentare è stata più che doppia ed ha raggiunto il 6%».

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