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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2014 alle ore 20:37.
L'ultima modifica è del 30 gennaio 2014 alle ore 21:01.

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Operazione impervia quella di risanare la struttura delle bollette elettriche, minata da oneri fuori controllo per incentivare (male, come sappiamo) le rinnovabili, oltre che da un intricato sistema di sussidi incrociati che mortificano i consumi efficienti. Tant'è che l'Authority per l'energia ha lanciato, intanto, una tariffa sperimentale che da luglio prevede un prezzo "piatto" (si veda Il sole 24 Ore del 15 gennaio) per promuovere una tecnologia che offre risultati persino mirabolanti per l'ambiente e per le tasche dei consumatori: i climatizzatori a pompa di calore, che "bruciano" fino al 40% in meno di energia rispetto alle caldaie a gas domestiche.

Con benefici ambientali e sanitari che grazie al rilancio complessivo del vettore elettrico nel segno dell'efficienza sono valutati dai consulenti di Ecba Project in 1,7 miliardi di euro da ora al 2020, con una riduzione di 5 miliardi dei costi sociali legati all'inquinamento. Vantaggi per tutti, come è emerso in un convegno promosso da Assoelettrica proprio per promuovere la diffusione del vettore elettrico nel segno dell'efficienza.
Rivedere l'intera struttura delle tariffe eliminando gli eccessi di sussidiarietà, al di la della tariffa piatta sperimentale? Guido Bortoni, presidente dell'Authority per l'energia, lo promette. Ma ammette che la missione non è facile. Ci si prova da almeno 10 anni, «da due presidenti fa».

Ad ostacolare la diffusione delle pompe di calore sia per la climatizzazione che per il riscaldamento dell'acqua c'è intanto il vecchio nemico che in Italia impera: la burocrazia con le sue incomprensibili storture. Un esempio, ben evidenziato nel convegno di ieri: il recente obbligo, per chi vuole installare in casa i climatizzatori elettrici, di attivare una complicata asseverazione attraverso la "Cila". Basterebbe poco, insistono dal palco i relatori coordinati dal presidente di Assoeletrica, Chicco Testa.

Aurelio Regina, vicepresidente di Confindustria, apprezza la volontà di mettere mano alle tariffe. Ma sull'eliminazione, idealmente giusta, di tutti i sussidi incrociati, richiama al realismo. «Esistono agevolazioni introdotte per rimediare a politiche che non si dovevano fare. Pariamone, ma ridiscutiamo tutto. Quelle per le imprese energivore scambiamole con l'eliminazione degli oneri A3» ovvero la voce tariffaria ormai mostruosa che serve per coprire altri sussidi. Così per chi vorrebbe cancellare i vantaggi tariffari legati all'interrompibilità per le imprese. Con costi di riferimento dell'energia superiori del 30% rispetto ai concorrenti europei «che ora i nuovi orientamenti ambientali di Bruxelles, da noi contestati, rischiano di gonfiare ulteriormente» cancellare l'interrompibilità produrrebbe un'ulteriore spinta «alla chiusura di acciaierie, vetrerie, cementifici, rinunciando ad un ulteriore pezzo di industria del nostro paese».
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