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Questo articolo è stato pubblicato il 03 febbraio 2014 alle ore 09:09.

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Continua la caduta libera delle valute emergenti? I capitali stranieri se ne vanno da questi Paesi? Se siete imprenditori, e come tali investitori di lungo periodo, dicono gli esperti: niente panico. Gli emergenti sono qui per restare.

Cominciamo dalla Turchia, che oltre a una certa turbolenza politica oggi deve affrontare anche la pesante svalutazione della lira: «Per le imprese è un Paese che continua ad offrire grosse prospettive – spiega Giulio Dal Magro, chief economist di Sace – certo ci saranno le elezioni, e anche il tema delle aziende turche indebitate in valuta estera può essere un problema. Ma niente di tutto quello che sta avvenendo in questi giorni deve dissuadere gli imprenditori italiani interessati al Paese».

Un conto insomma è la finanza, un altro è la strategia d'impresa. «Il cambio repentino della direzione dei flussi di capitali, come quello di questi giorni, per i Paesi emergenti non è una novità – sostiene Ludovic Subran, chief economist di Euler Hermes, società del gruppo Allianz che si occupa di assicurazione del credito – le novità, semmai, sono la rapidità con cui questi Paesi stanno rispondendo allo shock, e il fatto che le ricette adottate siano diverse: il deprezzamento del peso in Argentina, l'innalzamento dei tassi in Turchia. La buona notizia, per le imprese, è che questi Paesi possono e sanno gestire questa crisi». Chi più chi meno, naturalmente: «In India, per esempio – prosegue Subran – i tempi delle decisioni sono lunghi e questo si ripercuoterà sull'economia reale del Paese».

Argentina, Turchia, Sudafrica, India, Brasile, Indonesia: qui le difficoltà sono già venute a galla. Chi altro seguirà? «A rischio oggi – risponde Subran – ci sono tutti quegli emergenti che hanno un deficit troppo alto delle partite correnti». Concorda Dal Magro di Sace: «D'ora in poi, sarà meglio muoversi con cautela nei Paesi dove due indicatori sono alti: il deficit delle partite correnti, appunto, e l'indebitamento estero». Con cautela, dunque. Ma sempre muoversi.

Mentre dirottare lo sguardo verso Paesi confinanti con quelli oggi nell'occhio del ciclone - tanto per mantenere intatta una strategia d'area - potrebbe non risolvere il problema: «Turchia, Indonesia e Brasile – spiega Dal Magro – sono Paesi chiave a livello regionale, ciascuno per la propria area. Se vanno male loro, andranno male anche i loro vicini».

Quanto al presunto allarme che viene dalla Cina, dove l'economia cresce "solo" del 7,5%, il chief economist di Sace getta acqua sul fuoco e si sente di rassicurare ancora una volta le imprese: «Per anni ci siamo detti preoccupati che la Cina crescesse troppo, e ora invece temiamo il suo rallentamento. Per ora, quello cinese è un soft landing, un atterraggio morbido, e non una frenata brusca». Fino ad allora, quindi, meglio continuare a investire. (Mi.Ca.)

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