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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2014 alle ore 13:01.

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La pianura veneto-friulana è il frutto di opere sviluppate soprattutto dalla Serenissima attraverso il Magistrato alle acque, istituzione nata nel 1501. Le ultime grandi opere – come la bonifica di Torviscosa in Friuli, dove sorse lo stabilimento chimico della Snia – risalgono ai primi del 900, e dall'alluvione del 1966 le opere strutturali a difesa dalle piene sono state sporadiche e insufficienti. Per esempio è pronta (e in eterno collaudo) un'efficiente diga sul torrente Cellina in Friuli, ma al tempo stesso per gli argini di oggi sarebbe una catastrofe se sul Piave si ripetesse la piena del 4 novembre 1966 (quando finirono sott'acqua Venezia e Firenze).

L'area più esposta del Veneto è quella centrale tra Vicenza, Padova e Treviso. Il canale artificiale Muson dei Sassi è pensato per resistere alla pioggia del 1612: un progetto spettacolare, nel quale ancora oggi i fiumi si scavalcano l'un l'altro passando su ponti «fiumodotti»; la Brenta che sfociava in laguna serpeggiando nell'attuale Canal Grande è stata spostata in Adriatico tra Chioggia e l'Adige e nel 1604 furono istituiti gli enti di bonifica delle Sette Prese, ancora oggi in attività (con un nome diverso).
Tante conoscenze di ingegneria si sono in parte perse, come dimostra la furia del Bacchiglione a Vicenza nel 2010 e in questi giorni, e come conferma quanto accadde nel 2009 a Mestre, quando scavando un sottopassaggio vicino alla stazione un crollo fece scoprire il vecchio letto della Brenta, di cui l'uomo del XXI secolo non serba più memoria.

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