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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2014 alle ore 10:18.
L'ultima modifica è del 06 febbraio 2014 alle ore 10:19.

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Venticinque miliardi in meno nel 2013, a cui si aggiungono i 45 svaporati l'anno precedente.
Per l'industria italiana il bilancio della crisi è pesante, anche se negli ultimi mesi ordini interni ed export europeo rialzano la testa, consentendo qualche spazio di ottimismo per il futuro. Crescita quanto mai necessaria, considerando che la manifattura italiana fatturava quasi 850 miliardi alla fine del 2011, scesi a 775 oggi.

L'analisi di Prometeia e Intesa SanPaolo sui settori industriali stima per i ricavi dell'industria nazionale un calo vicino al 3% in termini correnti nel 2013, con le flessioni principali concentrate nei beni durevoli, nei prodotti da costruzione, nella metallurgia e nell'elettrotecnica.

Alimentari e bevande restano vicini alla parità mentre l'unico settore in crescita significativa, con un aumento delle vendite superiore all'1% è quello della farmaceutica.
Prodotti in metallo e metallurgia, da soli, pagano dazio alla crisi con un gap superiore agli otto miliardi di euro, appesantiti in particolare dalla ridotta domanda interna e dalla debolezza europea.
Trend, quest'ultimo, che tuttavia è cambiato proprio negli ultimi mesi, con gli analisti che osservano a partire dai mesi estivi un nuovo traino delle vendite estere rappresentato proprio dai mercati comunitari.
Miglioramento cruciale, alla luce del peso preponderante che questi mercati, Germania e Francia in primis, hanno per le nostre esportazioni.

La crescita è però rilevante anche sui mercati più remoti e lo studio di Prometeia e Intesa SanPaolo sottolinea una crescita di quote di mercato in quasi la metà dei paesi extra-Ue serviti, risultati positivi che accomunano sia i prodotti tradizionali del Made in Italy sia quelli della filiera elettromeccanica. Per la meccanica, in particolare, le quote di mercato dei nostri prodotti crescono in oltre il 70% dei mercati extra-Ue serviti.
Le prospettive del 2014 paiono migliori, soprattutto alla luce dei primi segnali di risveglio della domanda interna, anche se gli analisti mettono in guardia dai possibili rischi legati alla tenuta finanziaria delle imprese, con i margini messi sotto pressione dalla continua compressione dei listini resa necessaria sia dalla crescente pressione competitiva che dalla limitata spinta inflattiva.
Che fare? Anzitutto - osserva lo studio - sbloccare finalmente (dopo otto mesi di attesa!) gli incentivi della Sabatini-bis, possibile volano per riaccendere gli investimenti nazionali.

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