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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2014 alle ore 12:46.
L'ultima modifica è del 07 febbraio 2014 alle ore 13:47.

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Il pandoro? È argentino. Il salame veneto? Canadese. Il gorgonzola? Tedesco. Impossibile, si dirà. Per noi, certo, abituati a sapere cosa viene prodotto in Italia. Per gli stranieri meno, e purtroppo sono gli stranieri – per buona e crescente parte - il nostro mercato di riferimento. La contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari made in Italy fa perdere all'Italia oltre 60 miliardi di euro di fatturato. Il dato emerge da uno studio della Coldiretti presentato a Fieragricola, la fiera delle macchine e attrezzature per l'agricoltura e l'agroindustria in corso in questi giorni (fino al 9 febbraio) a Verona, dove sono stati presentati tutti gli ultimi casi più eclatanti e curiosi di cibi italiani contraffatti scovati nei diversi continenti: dal Pandoro argentino al Salame veneto made in Canada, dall'Asiago statunitense al Kressecco della Germania, dal kit per falsificare il Parmigiano Reggiano a quello per taroccare il Valpolicella.

C'è in atto un salto di qualità dell'agropirateria internazionale "che - denuncia la Coldiretti - è arrivata a colpire i prodotti più rappresentativi dell'identità alimentare nazionale con danni economici e di immagine insostenibili per l'agricoltura italiana". La denominazione Parmigiano Reggiano resta la più copiata nel mondo con il Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma in vendita c'è anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesao in tutto il Sud America, ma anche Pamesello in Belgio. Ma ora c'è addirittura la possibilità di acquistare (in Gran Bretagna, negli Usa o in Australia) un kit per fare il pregiato formaggio italiano, ovviamente senza dare alcuna importanza al latte utilizzato.

Una vera e propria truffa che colpisce anche i vini italiani piu' prestigiosi come il Valpolicella, che puo' essere falsificato con un miracoloso kit che promette di ottenerlo in pochi giorni con miscugli di polveri e mosto. Ma è possibile trovare sul mercato anche formaggi come il Pecorino friulano, il Romanello e il Crotonese prodotti in Canada o la Gorgonzola sauce realizzata in Germania. Anche i falsi salumi made in Italy tirano a livello internazionale: dalla Mortadela siciliana rumena, al Salame tipo Milano fatto in Brasile, dal Cacciatore salami e la Soppressata salami prodotti in Canada, al Prosciutto cotto Villa Gusto diffuso in Germania. Anche l'olio e il vino, come detto, rientrano nei prodotti italiani fortemente imitati all'estero dove si possono trovare il Pompeian oil del Maryland (Stati Uniti) così come il falso Chianti americano, ma anche il Kressecco o il Meer-Secco tedeschi che imitano l'inarrivabile prosecco e persino il Barbera rumeno che, tuttavia non è rosso, ma incredibilmente bianco.

Il comune denominatore degli esempi di imitazione e contraffazione di prodotti agroalimentari italiani è l'opportunità, per un'azienda all'estero, di ottenere sul proprio mercato di riferimento un vantaggio competitivo associando indebitamente ai propri prodotti l'immagine del Made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri, senza alcun legame con il sistema produttivo italiano e facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualità. "Bisogna cercare un accordo sul commercio internazionale nel Wto - conclude la Coldiretti - per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti alimentari come previsto dalla legge approvata all'unanimità dal Parlamento italiano all'inizio della legislatura e rimasta fino ad ora inapplicata".

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