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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2014 alle ore 10:34.
L'ultima modifica è del 10 febbraio 2014 alle ore 13:07.

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(Agf)(Agf)

Niente da fare. Il progresso della produzione industriale di novembre, il primo dopo oltre due anni in apnea, resta un caso isolato, con i dati di dicembre a confermare lo stato traballante della nostra economia. L'output misurato dall'Istat si riduce su base mensile dello 0,9% dopo tre rialzi consecutivi e in termini annui cede lo 0,7%. Risultato che basta solo per limitare i danni dell'intero 2013, chiuso con un calo della produzione del 3%, secondo anno consecutivo in rosso dopo il -6,4% del 2012.

Il bilancio del mese tuttavia migliora se si guarda alle sole attività manifatturiere, quasi alla pari su base tendenziale escludendo dal calcolo le attività estrattive e le forniture di energia.
Tra i settori industriali vi sono a dicembre molti segni più, come alimentari, legno, farmaceutica, gomma-plastica, metallurgia e apparati elettrici. Risultati mensili che tuttavia non bastano per invertire la rotta nell'intero anno, periodo che riescono a chiudure in terreno positivo soltanto farmaceutica, elettronica ed elettrotecnica.
Guardando alle tipologie di beni, sono quelli durevoli a pagare il prezzo più alto alla crisi, con una riduzione dell'output nel 2013 pari al 5,9%, quasi il doppio rispetto alla media. Male anche i beni strumentali, a testimonianza della grande difficoltà nel riattivare il ciclo degli investimenti, mentre beni di consumo non durevoli e beni intermedi riescono a contenere i danni cedendo solo l'1,4%.

Guardando ai numeri in termini positivi si può osservare per la manifattura l'arrestarsi della caduta ma da qui a parlare di ripresa ce ne passa. Nel 2013 l'industria ha dimezzato il calo rispetto all'anno precedente ma è appena una magra consolazione: dal punto di vista dei ricavi all'appello mancano 25 miliardi di euro.

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