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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2014 alle ore 11:05.
L'ultima modifica è del 10 febbraio 2014 alle ore 12:09.

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Il vino è in difficoltà sui principali mercati di sbocco, Russia a parte. Ma il trend non riguarda tutto il vino: quello italiano, infatti, sembra immune da difficoltà. O quasi.
I trend emergono dal Wine Monitor di Nomisma che anticipa i dati Istat. La tendenza che sembra emergere, dopo anni di crescita soprattutto di alcuni mercati, è di un'inversione di tendenza.

Gli Stati Uniti, per esempio, sono al primo posto delle importazioni di vino, con oltre 3,9 miliardi di euro in valore e 10,9 milioni di ettolitri in quantità. Ma se il valore è cresciuto ancora, sebbene di un misure 0,3% rispetto al 2012, la quantità è caduta del 6%. Verso questo Paese, però, l'Italia ha incrementato le esportazioni del 5,5%. Una crescita che diventa del 9% prendendo in esame i soli spumanti.
Il Canada è la seconda nella speciale classifica di importazioni di vino, e ha perso l'1,1% a valore e l'1% in quantità nel corso dell'ultimo anno rispetto ai dodici mesi precedenti. Ma anche in questo caso la performance tricolore è stata in controtendenza: soprattutto per quanto riguarda le bollicine l'incremento ò stato del 3% in valore e tre volte tanto (+9%) in quantità.

Per quanto riguarda la Cina, l'Italia ha incrementato il proprio export di oltre l'11% nel segmento dei vini imbottigliati, dove la Repubblica popolare detiene una quota prossima al 50%. Mentre, per quanto riguarda gli spumanti, la crescita dei prodotti made in Italy è stata addirittura dell'86% in valore. Un successo reso ancora più "dolce" dalla contemporanea difficoltà di uno storico rivale come la Francia: -12,5% nel valore dell'esportazione in Cina di vini imbottigliati e spumanti.

Non così positive le performance del nostro Paese in Giappone, dove si registra un arretramento del 4% nel settore degli spumanti, mentre resiste il comparto dei vini imbottigliati (+1%). Negativo, invece, il dato delle esportazioni verso il Brasile, dove l'Italia ha perso il 2,7% nei vini imbottigliati, e la Francia si è presa una parziale rivincita, essendo l'unico grande esportatore in crescita (+3,5%). Ma il mercato brasiliano non è quello cinese: 1,5 miliardi di euro per 3,7 milioni di ettolitri nella Repubblica popolare a fronte di 218 milioni e 761 ettolitri nella repubblica carioca.

La Russia è, a livello di principali mercati di sbocco, l'unica nota decisamente positiva, avendo fatto registrare nel 2013 una crescita vicina al 12% in valore e dell'1,6 in quantità. L'Italia ha messo a segno un +20% sia in valore che in quantità, con un picco del 49% per quanto riguarda gli spumanti: l'Italia vanta così una quota del 63% per quanto riguarda l'import russo di bollicine, mentre la Francia è al 27%.

Per quanto riguarda la dinamica generale di arretramento delle importazioni a livello globale, secondo Denis Pantini, direttore dell'Area agroalimentare di Nomisma e Project leader di Wine Monitor "a ben guardare non esiste una causa comune, ma diversi fattori che hanno inciso in maniera differente nei singoli mercati. A parte la forte svalutazione nei confronti dell'euro che ha interessato molte valute (come il real brasiliano o lo yen giapponese), l'unico elemento che sembra accomunare quasi tutti i paesi considerati è l'elevato calo nei quantitativi di vino sfuso importato, derivante anche da una minor disponibilità di prodotto che, come si ricorderà, ha visto nel 2012 toccare i livelli più bassi degli ultimi dieci anni (258 milioni di ettolitri di vino prodotto a livello mondiale, contro i 268 dell'anno prima e i 281 del 2013)".

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