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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2014 alle ore 10:33.
VENEZIA - Il 4 dicembre la disdetta dei contratti integrativi, che prevede la diminuzione del netto in busta paga fino a 480 euro, a partire dal 4 marzo. Il 24 gennaio un primo incontro – interlocutorio – che ha posto sindacati e proprietà gli uni di fronte all'altra e ha visto i rappresentanti della multinazionale statunitense spiegare le motivazioni della disdetta. Il 31 gennaio l'assemblea sindacale per decidere il da farsi, di fronte ad un quadro che vede perdite del sito produttivo di Fusina ammontare a 8 milioni di euro nel 2013 (erano 5 nel 2012).
La vicenda Alcoa a Venezia sta assumendo tutte le caratteristiche di un altro «caso Electrolux»: la proprietà vuole il taglio dei salari per riportare all'utile la fabbrica, altrimenti sposterà le lavorazioni di laminati in alluminio dove è più conveniente farlo. Non farà investimenti sul sito, ma già da quest'anno è disposta a spostare su Fusina produzioni a più alti margini, dando così ancora un po' di ossigeno alla produzione.
Con questi presupposti si terà oggi, a partire dalle 10, nella sede di Confindustria Venezia, il secondo faccia a faccia tra sindacati e proprietà. «Chiediamo il ritiro della disdetta dei contratti di secondo livello – dice Luca Trevisan, segretario provinciale Fiom Cgil – e un piano di sviluppo serio. A rischio ci sono 320 lavoratori. Se l'azienda non ci viene incontro, vogliamo che la questione sia rimessa all'analisi del ministero dello Sviluppo economico». Più morbide, ma ugualmente preoccupate, le posizioni di Fim-Cisl: «Siamo disponibili ad una trattativa, vogliamo che la questione non vada a Roma ma si trovi una soluzione che permetta al sito di continuare a fare prodotti di alta qualità per i mercati esteri – dice Stefano Boschini – . L'azienda ha dichiarato che il mercato dell'alluminio è in ripresa». Resta, però, il nodo del costo del lavoro, una delle direttrici su cui l'azienda vuole intervenire.
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