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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2014 alle ore 08:51.

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Su 633 società italiane di capitali che operano nel comparto tessile, abbigliamento e tessitura - con un fatturato compreso fra 10 e 50 milioni di euro - le aziende umbre registrano risultati migliori rispetto al dato nazionale, con l'88% in utile e fatturati in lieve crescita.

Quanto emerge dall'analisi del Centro studi economico e finanziario Esg89 su un settore che nel corso degli ultimi anni si è dovuto riorganizzare radicalmente e concentrarsi prevalentemente sull'export. Tra le aziende umbre spicca la Sterne International Spa, il cui volume dell'export coinvolge l'85% della produzione aziendale ed è in continua crescita. "Il 2013 per la nostra società conferma il trend di crescita iniziato nel 2011 – spiega Luca Mirabassi, presidente e ad di Sterne -. Il nostro fatturato si è chiuso con un +10 per cento. Anche per il 2014 prevediamo una crescita".
Tutto ciò è stato possibile grazie a una strategia partita ed attuata già dal 2010 che ha puntato su alcuni elementi fondamentali. "I nostri prodotti – prosegue Mirabassi - hanno 2 certificazioni: la prima sulla tracciabilità del processo produttivo, la seconda sulla non nocività dei prodotti utilizzati rilasciata dall'Associazione tessile e salute". Altro tassello fondamentale punta all'innovazione. "Formazione dei giovani – continua Mirabassi -, brevetto microchip, nuova struttura produttiva, metodi innovativi più adatti alla continua evoluzione del mercato. E poi ancora, investimenti dati da flagship store, nuovi show-room, nuovi temporary showroom. Tutto questo ha portato l'azienda a concludere contratti con importanti partners koreani, taiwanesi, giapponesi e russi".

Sono 181 le società italiane analizzate (29%) con ottimi indici di patrimonializzazione, redditività, incremento del fatturato e indebitamento, 68 delle quali sono lombarde, nonostante 29 compagini (4,5%) siano in grande difficoltà, prossime alla liquidazione o cessazione. La Lombardia è la regione con più società (246), seguita della Toscana (129), dal Veneto (72), dal Piemonte (62) e dell'Emilia Romagna (47). Nonostante l'Umbria non emerga per numero di società di capitali, qui il comparto, salvo qualche rara eccezione, sta dimostrando vitalità, innovazione, creatività e buone prospettive. "L'export – spiega Giovanni Giorgetti, Ceo Esg89 - è la via maestra per migliorare i numeri di bilancio. Il made in Italy è da sempre sinonimo del lusso e il made in Umbria ne è un esempio concreto".

Gli imprenditori attendono dal nuovo Governo Renzi uno slancio atteso da tempo per evitare che il cuore della manifattura prenda la strada della delocalizzazione.
"Abbiamo bisogno di un'azione chiara - riprende Mirabassi -, forte e precisa, verso le aziende che hanno saputo innovarsi, rimanere sul mercato e crescere, che purtroppo non riescono ad essere competitive neanche sui mercati europei. I costi di energia, lavoro, finanziari e di tassazione sono troppo elevati rispetto a quelli dei nostri competitors. La sola cosa che mi sento di chiedere è di poterci dare la possibilità di competere. Per l'export ritengo che i prodotti certificati, con alta qualità, artigianalità e creatività abbiano grandi possibilità di trovare spazi in tutti i mercati internazionali, anche europei. Anzi, riscontrano un rinnovato interesse per il vero prodotto made in Italy".

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