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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2014 alle ore 20:04.

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La prima gara è andata deserta, ma Forlì adesso comincia a sperare di poter riaprire il suo scalo. Il direttore generale di Enac ha firmato l'atteso bando di gara europeo per la ricerca di gruppi privati disposti a rilanciare l'aeroporto Ridolfi, dopo il fallimento di Seaf, la società di gestione posta in liquidazione. Il bando, già inviato a Bruxelles, sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale entro i prossimi dieci giorni. I privati che eventualmente si faranno avanti potranno subentrare senza caricarsi sulle spalle le zavorre del passato.

Questo ad eccezione dei 42 dipendenti della Seaf. Il riassorbimento dei lavoratori rimasti senza lavoro è incentivato da meccanismi premianti, clausola sociale richiesta oltre che dai sindacati dalle istituzioni locali. Sarà quindi una newco a prendere le redini dello scalo, partendo dalla dote di una infrastruttura che, grazie a un recente ammodernamento, secondo Comune e Provincia di Forlì presenta una qualità migliore rispetto all'aeroporto Federico Fellini di Rimini, altro scalo oggi nelle mani di un curatore fallimentare, dopo il recente decreto di fallimento della società di gestione Aeradria emesso dal Tribunale riminese. In questa fase la riservatezza sui paletti fissati dal bando, a partire dalla durata della concessione, è massima. Di certo, ha vinto il partito che si opponeva a un bando di gara unico per entrambi gli scali romagnoli.

Lo scalo forlivese aveva chiuso i battenti nel maggio del 2012, con i passeggeri scesi a quota 300mila e il peso di un buco di 12 milioni di euro, dopo anni di bilanci in rosso che gravavano sul Comune della città romagnola, azionista di riferimento di Seaf, società a maggioranza pubblica (tra gli altri soci, Regione Emilia Romagna, Camera di commercio di Forlì e Cesena, Provincia). La richiesta di aiuto lanciata alla Sab, che guida l'aeroporto Marconi di Bologna, era caduta nel vuoto, dopo il no della Camera di Commercio del capoluogo emiliano, che detiene la maggioranza delle quote. La stessa sorte poi toccata al Fellini, l'anno scorso, collassata da un debito che aveva superato i 50 milioni e per la quale anche la Regione Emilia Romagna aveva tentato inutilmente di giocare la carta del salvataggio da parte di Bologna.

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