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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2014 alle ore 08:17.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 12:14.

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PALERMO - Hanno alzato muri, riversato terra e sangue, alzato barriere, azzerando socialità, abitudini, interi settori economici. Si è detto tante volte del sacco di Palermo che ha massacrato le ville liberty, ma si è detto poche volte di come «i famelici» come li ha definiti la giornalista e scrittrice Giuliana Saladino hanno alzato barriere con il mare diventato pozzanghera flautolenta per colpa soprattutto di quel fiume, l'Oreto, che trascina a mare la puzza di speculazione e di mafia. "Mare, memoria viva" si chiama l'ecomuseo recentemente inaugurato a Palermo: si tratta del primo ecomuseo in contesto urbano del Sud.

Una struttura nata grazie agli accordi con la Soprintendenza del mare e con l'assessorato alla Cultura del comune di Palermo ma soprattutto grazie al finanziamento della Fondazione con il Sud di cui è presidente Carlo Borgomeo che ha finanziato il progetto presentato da Clac, organizzazione culturale creata a Palermo nel 2003 da Cristina Alga e Filippo Pistoia, nel 2011 nell'ambito del bando storico-artistico del 2011 della Fondazione. L'ecomuseo ha due sedi: una parte nei locali dell'Arsenale della Regia Marina ma l'allestimento più significativo è ospitato nell'ex Deposito delle locomotive di Sant'Erasmo, struttura del Comune che si trova nella zona Sud della città, sulla via che porta a Brancaccio. In due anni sono stati investiti 500mila euro (la gran parte provenienti dalla Fondazione) e vi hanno lavorato una settantina di persone e ne è venuta fuori una struttura che racconta il rapporto di Palermo con il mare. «I materiale dell'ecomuseo – spiega Cristina – sono stati raccolti nei quartieri della fascia costiera della città, incontrando e intervistando gli abitanti e la gente di mare, mappando i luoghi significativi del territorio, raccogliendo storie, fotografie, video e ricette».

Si tratta di un «progetto – dice Borgomeo – che è la testimonianza concreta che l'amore per la propria terra è il primo passo per creare occasioni di sviluppo al Sud. I giovani palermitani di Clac hanno restituito il mare alla città e con esso la sua memoria e il senso vero di una comunità. Il tratto distintivo di Mare Memoria Viva sta proprio nella grande capacità di fare rete, di mettere insieme il mondo della cultura, del non profit, delle istituzioni pubbliche e del privato sociale che, nei fatti, hanno collaborato e lavorato insieme per il bene comune. L'esperienza di questo progetto, inoltre, contraddice lo stereotipo di una pubblica amministrazione poco flessibile e attenta a questi temi».

Forte la spinta di innovazione sociale, che punta a ravvivare un quartiere marginale della città: l'uso delle tecnologie per restituire alla comunità e valorizzare le storie locali; l'uso dell'arte e della creatività come strumenti di coinvolgimento degli abitanti; la sperimentazione di pratiche di gestione partecipata del patrimonio culturale. «Per noi – dice l'assessore alla Cultura del Comune di Palermo, Francesco Giambrone – questa struttura ha un valore strategico. Restaurata con fondi pubblici, era stata negli anni scorsi consegnata ai privati che l'avevano trasformata in discoteca. Grazie a questo intervento, pensiamo che sia possibile ridare vitalità a una zona della città molto problematica. Un po' come stiamo facendo ai Cantieri culturali della Zisa dove, grazie alle collaborazioni con privati e istituzioni cittadine, presto inaugureremo il primo incubatore per imprese culturali della città». Clac ha già pensato al merchandising, ha avviato un percorso di crowdfunding per continuare a gestire la struttura mentre più avanti sarà affidata con bando la gestione della ristorazione. E intanto il quartiere comincia ad avvertire i primi benefici. Economia sana e pulita che toglie terreno al malaffare e all'economia di rapina a Palermo. Ed è già una piccola vittoria.

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