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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2014 alle ore 13:40.

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Ascoli Piceno – Dopo aver perso in Tribunale la battaglia giudiziaria per il sequestro cautelativo dei macchinari, i dipendenti della sede di Ascoli Piceno della Haemonetics, la multinazionale che opera nel settore della gestione di tutti gli anelli della catena di approvvigionamento del sangue, non mollano la presa e continuano il presidio davanti ai cancelli dell'azienda. Non tutti, però. Solo i 67 lavoratori, nell'orbita dei sindacati Ugl e Usb, che non hanno firmato l'accordo per un piano di esodi incentivati, secondo l'anzianità di servizio, accettato invece dagli altri 118 addetti, dopo una consultazione interna.

L'intesa ha spaccato il mondo sindacale della città marchigiana. Firmata da Cgil, Cisl e Uil, prevede gli esodi, alla scadenza della cassa integrazione della durata di un anno, con un anticipo del 20% degli incentivi e il sigillo di una conciliazione tombale. Soluzione che per Ugl non dà garanzie sulla continuità produttiva. La multinazionale del sangue ha comunicato la volontà di chiudere lo stabilimento dopo la perdita di una importante commessa in Inghilterra, facendo partire il negoziato che ha portato alla stipula dell'accordo. In realtà, per Ugl, dietro la dismissione ci sarebbe solo l'intenzione di delocalizzare in Asia. Haemonetics, infatti, ha programmato l'apertura di un nuovo stabilimento in Malesia.

Ora le attività ad Ascoli Piceno sono praticamente ferme, ad eccezione di quelle relative alla manutenzione. Anche se non scema la speranza di un passaggio di mano. La stessa multinazionale ha fatto sapere che si profila una possibile acquisizione da parte di una cordata di imprese. Acquisizione che potrebbe rilanciare in grande stile la produzione. Ma il riserbo è massimo. Mentre nelle aule giudiziarie prosegue la guerra sul sequestro dei macchinari, prima accordato poi revocato dal Tribunale.
«Per noi il contenzioso giuridico – spiega Giuseppe Marucci – è fondamentale per far ripartire l'attività, è l'unico strumento sul quale possiamo fare leva». Il sequestro cautelativo, chiesto a garanzia dei crediti vantati dai lavoratori a partire dal trattamento di fine rapporto, è stato annullato il 7 febbraio. Ma la decisione dei giudici non ha dissuaso i dipendenti, oggi tutti in cassa integrazione, a togliere i picchetti dopo quattro mesi di proteste e mobilitazioni.

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