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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2014 alle ore 20:07.

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Ventinove condanne a fronte dei 15 operai dello stabilimento siderurgico di Taranto che negli anni passati sono morti a causa dell'esposizione all'amianto. E' la richiesta fatta oggi dal pubblico ministero Raffaele Graziano nel processo che riguarda il nodo più delicato e critico della complessa vicenda Ilva: il rapporto tra lavoro e salute.

Nella requisitoria del pm c'è anche un pezzo di storia dell'acciaieria. Chiamati infatti causa i vertici degli anni '80, '90 e 2000. E le pene più alte sono state chieste proprio per gli ex manager e dirigenti della vecchia Italsider pubblica alla quale poi subentrò l'Ilva pubblica. Sono gli anni della gestione Iri attraverso la capogruppo Finsider. In riferimento a questo periodo, nove anni di reclusione ciascuno sono stati chiesti per gli ex direttori Sergio Noce, Attilio Angelini e Giovambattista Spallanzani. E sempre all'epoca dell'acciaio di Stato appartengono anche Mario Lupo, Giovanni Gambardella - rispettivamente presidente e ad dell'Ilva pubblica prima della cessione al gruppo Riva -, Giorgio Zappa, Giovanni Gillerio, Pietro Nardi, Girolamo Morsillo, Pietro Nardi, Fracesco Chindemi, Bruno Fossa, Riccardo Ronca, Alberto Moricono, Aldo Bolognini, Massimo Consolini e Giorgio Benevento, per i quali il pm ha chiesto sette anni ciascuno. E ancora: quattro anni e otto mesi ciascuno sono stati chiesti per gli ex direttori dello stabilimento di Taranto Ettore Salvatore e Nicola Muni, mentre due anni e sei mesi per Hayao Nakamura, manager della Nippon Steel, in una prima fase consulente in dell'azienda pubblica per un progetto di rilancio degli impianti tarantini, eppoi amministratore delegato. Tra le richieste del pm, infine, due anni e sei mesi per Emilio e Fabio Riva, padre e figlio, proprietari dell'Ilva privata, e Luigi Capogrosso, ex direttore dell'acciaieria. Alla gestione Riva, subentrata a quella pubblica nel maggio del 1995, vengono addebitati 2 dei 15 decessi oggetti del processo.
Omicidio colposo e cooperazione colposa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro ambientale colposo: queste le accuse del pm Graziano. "Nello stabilimento, nel corso degli anni, gli operai, privi di protezione, sono stati soggetti ad una continua e intollerabile esposizione all'amianto" ha detto il pm. Parti civili sono i parenti delle vittime e l'associazione "Contramianto" e l'Osservatorio nazionale sull'amianto. Dal 7 marzo parola alla difesa sino al 29 aprile. Sentenza attesa il 23 maggio.

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