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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2014 alle ore 16:25.

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Se le famiglie italiane - secondo la denuncia di Coldiretti - vedono peggiorare quotidianamente la qualità del cibo che possono permettersi di mettere in tavola, ci possiamo consolare con il cibo destinato alla ristorazione turistica, soprattutto quella degli stranieri. Secondo l'indagine svolta dall'Osservatorio sul turismo di Unioncamere e Isnart, infatti, su 73 miliardi di euro spesi lo scorso anno per le vacanze in Italia, un terzo è stato utilizzato per mangiare in ristoranti e pizzerie o, soprattutto, per acquistare i prodotti tipici del gusto made in Italy.

E sono proprio gli acquisti di prodotti enogastromici a far registrare l'incremento maggiore di spesa degli ultimi anni. Anzi, in realtà si tratta dell'unica voce in crescita, con 11,7 miliardi spesi nel 2013 ed un progresso del 14,1% rispetto all'anno prevedente e del 65,9% nei confronti del 2008. Mentre le spese complessive si sono ridotte, rispetto al 2008, del 5,7% nonostante gli incrementi dell'inflazione.

Complessivamente le presenze turistiche in Italia sono state, lo scorso anno, pari a 831milioni, con il 60,9% di presenze italiane ed il 39,1% di stranieri. Rispetto al 2012 si è però registrata una flessione sia dei flussi (-3,9%) sia dei consumi (-2%). Ques'ultima voce è in calo solo per effetto della diminuita capacità di spesa degli italiani, che hanno ridotto i loro acquisti del 3,9%, mentre i turisti stranieri hanno incrementato le spese dello 0,7%.
«L'analisi – afferma Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – conferma la tendenza dei consumatori a ricercare la convenienza ed il miglior rapporto tra qualità e prezzo per gli aspetti primari della vacanza, dall'alloggio alla ristorazione. Ma questo consente ai visitatori di poter dirottare parte della spesa verso altri aspetti della vacanza, legati ai prodotti agroalimentari, del sistema moda, dell'artigianato, nonché alla cultura ed alla storia dei territori».

Così se circa il 40% della spesa viene assorbito dall'alloggio e dalla ristorazione, il restante 60% viene suddiviso per altre attività: il 18,7% per iniziative ricreative e culturali, il 16,1% per l'agroalimentare, il 10,4% per acquisti di abbigliamento e calzature ed una quota analoga per acquisti di altri prodotti manifatturieri.

In particolare calano del 15,1% i consumi per la ristorazione e del 17,9% le spese per alloggiare. Ma crescono del 15,1% gli acquisti di abbigliamento e calzature, del 14,1% quelli di prodotti dell'enogastronomia e del 4,9% le spese ricreative. La ricerca stima che circa i due terzi dei turisti frequentino pizzerie e ristoranti con un esborso medio di 16 euro a persona a cui si aggiungono altri 6 euro al giorno per bar e pasticcerie. Ma il 60% dei turisti compera cibo e bevande nei negozi e supermercati, con una spessa di 23 euro mentre un terzo dei visitatori si porta a casa, come ricordo del viaggio, un prodotto tipico dell'enogastronomia locale, per una spesa di 10 euro pro capite.

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