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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2014 alle ore 17:01.

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Si accentua il pressing per effettuare nel porto di Taranto i lavori di demolizione della Costa Concordia. Confindustria, cui si deve la candidatura attraverso la società Smart Area, è di nuovo scesa in campo, i deputati Pd, Michele Pelillo, e di Forza Italia, Gianfranco Chiarelli, si rivolgono in modo bypartisan al Governo, l'arcivescovo, Filippo Santoro, ne parla al ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, e anche il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno - rientrato lunedì scorso alla guida dell'amministrazione comunale dopo oltre 80 giorni di assenza a causa un delicato intervento chirurgico al cuore -, ha preso in mano il dossier Costa Concordia a Taranto. Il sindaco ha già incontrato il presidente dell'Autorità portuale di Taranto, Sergio Prete, martedì si confronterà con i tecnici comunali, quindi giovedì vedrà Confindustria. "Capire e approfondire la questione in vista dei passi successivi": ecco la linea che ispira il sindaco. E l'approfondimento riguarderà soprattutto la situazione del quarto sporgente portuale, dove stando al progetto dello studio tecnico di Luigi Severini, la Costa Concordia dovrebbe essere ospitata.

Attualmente questo sporgente è usato dall'Ilva per farvi attraccare le navi da 350mila tonnellate adibite al trasporto delle materie prime. Si tratta di unità molto grandi, con una lunghezza compresa tra i 300 e i 400 metri e che hanno un pescaggio di oltre 20-22 metri. Il quarto sporgente, per la sue caratteristiche e per il fatto di avere fondali di 25 metri, è l'unico che può ospitarle. Se quindi si facesse attraccare la Costa Concordia a questa banchina, l'Ilva avrebbe difficoltà operative. E d'altra parte se è vero che l'azienda siderurgica sinora non si è pronunciata sull'operazione Costa Concordia a Taranto, è anche vero che rivendica la necessità che non le siano preclusi spazi funzionali all'attività, tanto più che si è in una fase delicata della vita aziendale, nella quale si incrociano lavori di risanamento dell'Aia e bisogno di riprendere quote di mercato dopo un 2013 pesante. Tenere quindi insieme, sul quarto sporgente, navi dell'Ilva e Costa Concordia, sarebbe impossibile, dicono i tecnici. L'infrastruttura portuale va quindi allungata, di 3-400 metri, perchè le due cose possano coesistere. Un intervento, aggiungono i tecnici, già contemplato dal progetto Costa Concordia a Taranto e non particolarmente impegnativo. Sempre secondo i tecnici, infatti, tra tutti i porti italiani candidatisi a demolire la nave da crociera naufragata davanti all'isola del Giglio, Taranto rimane quello dove c'è da fare il minor numero di adeguamenti. E dove non c'è bisogno di dragaggi.

Ma quanto tempo sarebbe necessario per ampliare la banchina? Il tempo viene definito variabile in quanto dipende da chi metterà in cantiere i lavori. Se per caso dovesse essere l'Autorità portuale di Taranto, che è struttura pubblica, bisognerebbe fare la gara d'appalto e compiere tutta una serie di passaggi burocratici. D'altra parte, proprio le vicende del porto di Taranto insegnano, visti i mesi che ci sono voluti per avere dai ministri le firme necessarie ai decreti sui dragaggi nell'area antistante il terminal container e i ricorsi al Tar di Lecce che impediscono l'avvio dei lavori per l'adeguamento della banchina dello stesso terminal. Invece i tempi potrebbero snellirsi se i lavori fossero svolti da un privato, magari l'Ilva o un soggetto comunque impegnato nel porto o nell'operazione Costa Concordia. La copertura finanziaria? Potrebbe assicurarla la Regione Puglia. Il governatore Nichi Vendola, nella lettera al premier Matteo Renzi dove sostiene la candidatura Taranto, fa già un riferimento in tal senso.

Intanto i promotori della Costa Concordia a Taranto puntano a coinvolgere anche la Marina Militare dalla loro parte. Obiettivo finale, qualora la nave fosse demolita a Taranto, è usare uno dei grandi bacini dell'Arsenale militare per alcune operazioni. Bacini che in passato hanno visto la demolizione di navi e che attualmente ospitano la portaerei Giuseppe Garibaldi, ferma per una serie di ammodernamenti allo scafo. Lavori per circa 10 milioni di euro, in larga parte assegnati alle imprese navalmeccaniche di Taranto, e che dureranno sino a marzo 2015 impiegando, per 500 giorni, 400 addetti delle aziende private e un migliaio di dipendenti dello stesso Arsenale. La portaerei Garibaldi - nave ammiraglia della Marina prima che entrasse nella linea operativa la portaerei Cavour - è lunga 180 metri ed ha una stazza di 14mila tonnellate.

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