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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2014 alle ore 08:18.

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PADOVA
Meglio una visita al Pronto soccorso che trascurare un malessere e ritrovarsi in sala operatoria. È chirurgica la metafora scelta per presentare il "cantiere della reindustrializzazione" del Veneto che vede in campo la Regione – tramite Veneto Lavoro e la finanziaria Veneto Sviluppo – e Confindustria Padova, provincia scelta come laboratorio di questa sperimentazione da realizzarsi entro maggio 2015. Perché Padova? Perché qui si sono contate 1.565 aperture di crisi aziendali dal 2009 al 2013, sul totale regionale di 7.107, eppure si conta un alto tasso di aziende innovative e differenziate per settori. La strada scelta è quella di mettere a sistema tutti i dati disponibili per giocare d'anticipo sui fenomeni di crisi, prima che diventino conclamati e gravi proprio come una malattia. Quando la spia rossa dell'allarme si accende, si può avviare tempestivamente un'azione di affiancamento dell'impresa, stimolare un cambiamento organizzativo e una migliore gestione finanziaria anche affiancando competenze nuove a quelle esistenti, facilitare l'accesso a strumenti di sostegno finanziario e favorire la nascita di nuovi soggetti imprenditoriali. «Una logica – spiega Sergio Rosato – che va oltre quello che accade adesso: cassa integrazione, proroga, mobilità: un modello di pura resistenza». Un cambio di passo che si estende dall'occupazione al sistema del credito: «Siamo chiamati – afferma Giorgio Grosso, presidente di Veneto Sviluppo – a passare da criteri d'intervento riparatori "last minute" a formule di sostegno industriale complete e durature». Alla fase attuale le aziende venete sono arrivate provate da 10 anni di crescita debole.
Al 31 dicembre 2013 gli iscritti nelle liste di mobilità erano 22.800, di cui il 45% over 50. Il settore più colpito è stato il manifatturiero (meccanica, legno arredo, sistema moda), che da solo ha perso oltre 70mila posti di lavoro; dal 2009 l'indice di disoccupazione è più che raddoppiato, dal 3,5 al 7,5% (media primi tre trimestri 2013). «Il rilancio del manifatturiero è la priorità – dice Massimo Pavin, presidente Confindustria Padova –. Riassorbire i danni non sarà una passeggiata e non sarà per tutti, ma c'è la volontà di scelte radicali per il rilancio di un sistema che ha perso quasi il 20% dei volumi prodotti, ma è stato capace di aumentare le esportazioni del 30,3% in valore nel periodo 2009-2012. Vuol dire che il destino dell'industria non è segnato». L'obiettivo, ambizioso, di reindustrializzazione del Veneto è arrivare al 30% del Pil il manifatturiero entro il 2020. Nel cantiere di innovazione si gioca anche l'esperienza dei re-start d'impresa portati a termine con successo: Fonderie Zen di Albignasego, oggi newco partecipata dal management e da Veneto Sviluppo; Galilei refrigerazione di Torreglia, startup nata dalla delocalizzazione di una multinazionale statunitense; e Acc di Mel, Belluno, in cui la "finanza ponte" è stata decisiva per riportare la società in sicurezza e riattivare la produzione. «Abbiamo maturato una buona esperienza nella gestione delle emergenze aziendali e occupazionali – dichiara Elena Donazzan, assessore al Lavoro – Oggi vogliamo perfezionare questo percorso, costruendo relazioni più forti tra Regione e parti sociali, sperimentando metodologie nuove, con l'obiettivo comune di non disperdere il patrimonio industriale del Veneto e, anzi, rinforzarlo».
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