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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2014 alle ore 08:45.

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L'Italia è malata di poco digitale. Che si guardino i dati del World Economic Forum sulla nostra capacità di sfruttare le tecnologie digitali, piuttosto che la penetrazione della banda larga su territorio e popolazione, confrontata con i nostri concorrenti europei, la diagnosi è sempre la stessa. C'è molto da fare. E in fretta. Anche perché, come dimostra un'analisi sviluppata da «Alkemy digital enabler», la componente digitale del fatturato delle varie industry (a vantaggio dei nuovi player) erode sempre più velocemente i ricavi da attività tradizionali (si veda la tabella a destra). Il tema è ricorrente: il canale di distribuzione digitale spesso viene sottovalutato perché i numeri "assoluti" non restituiscono in maniera diretta il vero valore, perché l'innovazione non cresce in maniera lineare ma, piuttosto, attraverso discontinuità improvvise che modificano i modelli di business, le dinamiche competitive e mettono a rischio posizioni di mercato consolidate. Ma quando si corre ai ripari, spesso, è troppo tardi. La ricerca di Alkemy si sofferma su alcuni settori come per esempio il turismo, dove il canale tradizionale, anche se significativamente più grande, perde quota a un ritmo del 13% l'anno (e quindi, destinato a quasi dimezzarsi in soli quattro anni) mentre, nel frattempo, il canale digitale accelera con un +11% l'anno, e i protagonisti di questa crescita sono player totalmente diversi dai preesistenti (da booking.com a hotelyo, da e-dreams a volagratis). Ma anche guardando altri settori, cambia poco. Basti pensare alla musica e al cinema, dove le major continuano a essere le titolari delle roialties di film e canzoni, ma le catene per la distribuzione fisica sono via via "cadute" con l'avvento dei vari Spotify, Deezer, I-tunes, Netflix e Vevo.

Tra i casi ben riusciti, l'analisi porta a esempio quelli di Foppapedretti che ha integrato perfettamente il canale di vendita online con le attività esercitata nel punto vendita fisico (l'e-commerce rappresenta oggi il pricipale canale per l'azienda, nonché quello a maggior profittabilità) o ancora la gestione del customer care sui social network di Telecom Italia, tra le prime al mondo a creare un "twitter team" per l'attività di caring rivolta ai clienti premium.

«Eppure - spiega Duccio Vitali, Ceo di Alkemy digital enabler - si fa fatica a trovare in Italia casi di successo a 360 gradi sul digitale, nei quali l'azienda abbia usato il digitale come vero abilitatore del proprio business più che come un elemento di contorno e che, sulla base di questo, abbia ridefinito il proprio modello di business».

Due le cause principali che limitano il successo del digitale in Italia - secondo Alkemy - e in particolare in seno alle grandi aziende. Il primo riguarda la gestione estremamente frammentata del digitale all'interno delle aziende, e le varie funzioni aziendali (dal marketing alle vendite, dalla comunicazione alle operation) che si limita ad apportare solo buoni risultati operativi ma non la vera innovazione. Il secondo motivo è che il digitale è raramente integrato all'interno dei processi aziendali, cosa ovviamente necessaria affinché questo possa essere un vero abilitatore del business delle aziende: i processi chiave, che siano customer care, sviluppo prodotti o vendite, viaggiano infatti ancora sul fisico.

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