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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2014 alle ore 09:11.

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Non hanno piú vincoli. La Corte di Cassazione ha revocato l'obbligo di dimora nei confronti di Emilio Riva e del figlio Nicola, proprietari dell'Ilva, e dell'ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso. La misura era stata decisa dal gip Patrizia Todisco lo scorso 26 luglio col ritorno in libertá dei due industriali e del dirigente d'azienda.

Emilio Riva e il figlio, infatti, erano stati arrestati ai domiciliari il 26 luglio del 2012 nell'ambito della prima tranche dell'inchiesta sul disastro ambientale dell'Ilva insieme ad altre persone, tutte ai domiciliari, e al sequestro senza facoltá d'uso degli impianti dell'area a caldo del siderurgico. Ai domiciliari Emilio e Nicola Riva - entrambi ex presidenti dell'Ilva - sono rimasti sino al 26 luglio scorso. Un anno quindi. Tutte le istanze di libertá presentate dai loro avvocati sia al Tribunale del Riesame che alla Corte di Cassazione sono state infatti respinte. Diversa, invece, la situazione di Capogrosso: arrestato il 26 luglio del 2012 ai domiciliari, era stato riarrestato il 26 novembre dello stesso anno ma stavolta in carcere insieme ad altre persone, tra cui Girolamo Archinà, l'ex consulente dell'Ilva, uno dei personaggi chiave di tutta l'inchiesta.

Sia i Riva che Capogrosso a luglio 2013 erano tornati liberi per decorrenza dei termini della custodia cautelare e ora la Cassazione ha revocato anche l'obbligo di dimora.
I guai giudiziari dei Riva e di Capogrosso sono peró tutt'altro che finiti in quanto sui tre grava, insieme ad altre 47 persone, la richiesta di rinvio a giudizio formulata nei giorni scorsi dalla Procura di Taranto nell'ambito della stessa inchiesta. Pesante l'accusa: associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. Sul loro rinvio a giudizio si pronuncerá nelle prossime settimane il giudice per l'udienza preliminare, Wilma Gilli, il nuovo magistrato al quale é passato tutto il voluminoso dossier Ilva. E sempre nelle prossime settimane, inoltre, la Magistratura inglese deciderá sul ricorso contro il parere favorevole all'estradizione in Italia di Fabio Riva, figlio di Emilio, colpito da novembre 2012 da un provvedimento di arresto in carcere non ancora eseguito.

Lo stesso giudice Gilli ha intanto dissequestrato nei giorni scorsi le azioni Alitalia - valore 71 milioni di euro - tenute in possesso da Riva Fire, la capogruppo della famiglia. Insieme ad altri beni, conti e titoli erano stati sequestrati dal gip Todisco a partire da fine maggio 2013 per un ammontare di 8,1 miliardi di euro. Un sequestro preventivo per equivalente calcolato sul fatto che i Riva, negli anni precedenti, avrebbero dovuto investire nell'ammodernamento dello stabilimento di Taranto 8 miliardi e invece, secondo l'accusa del gip, non lo hanno fatto traendo cosí un illecito vantaggio patrimoniale. Ma a dicembre scorso la Cassazione ha rigettato la tesi del gip e annullato definitivamente e senza rinvio tutti i provvedimenti di sequestro che oltre a Riva Fire, avevano coinvolto anche altre societá tra cui le controllate dell'Ilva ora sotto la competenza del commissario di Governo, Enrico Bondi.

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