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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2014 alle ore 09:47.
Non sarà più necessario, per le aziende italiane dell'agroalimentare, andare sino in Cina a cercare un contatto per esportare food, perchè Shanghai avrà una presenza fissa in Italia.
È stato firmato venerdì sera a Bergamo l'accordo sul primo hub cinese in Italia per esportare prodotti agroalimentari del nostro Paese, grazie alla partnership tra l'incubatore di progetti italo-cinese Qiaolab e il Shanghai Haibo Group, società governativa del 2° gruppo agroalimentare cinese Bright Food, che conta oltre 3.300 punti vendita diffusi su tutto il territorio nazionale e 650 Hotel & Restaurant di proprietà. A siglare l'accordo saranno Zhu Hangming, presidente di Shanghai Haibo e vice presidente del Gruppo Bright Food e l'amministratore delegato di Qiaolab, Alberto Fattori.
In pratica, Qiaolab, oltre a gestire la selezione preliminare delle aziende italiane interessate ad utilizzare l'hub, per garantire che sul mercato cinese possano arrivare prodotti di qualità, fornirà alle aziende coinvolte il supporto necessario nelle attività procedurali, strategiche, logistiche, commerciali e distributive. Shangai Haibo offrirà la propria struttura logistica e distributiva per fare arrivare i prodotti italiani sugli scaffali cinesi.
Al momento le aziende selezionate sono state circa un centinaio (su 500 richieste di adesione). Tra queste, Citterio, Balconi, Granarolo, Conserve Italia (succhi di Frutta), Saclà, il pastificio Granoro, Sant'Anna, Vivo cantine e Cantina dei Feudi.
«Grazie all'hub – ha spiegato l'ad di Alberto Fattori – le aziende del nostro Paese potranno evitare la ricerca costosa e difficile di un partner o di un importatore cinese affidabile e beneficiare della rete distributiva del Gruppo Bright Food. Inoltre, accorciando la catena di distribuzione si potrà offrire al consumatore finale un prezzo adeguato e non, come avviene ora, un prezzo allo scaffale molto più lievitato a causa della inefficienza distributiva che caratterizza il mercato cinese».
La presenza dell'hub in Italia, ha aggiunto Fattori, «consentirà alle imprese italiane di risparmiare tempo e risorse evitando trasferte per entrare in contatto con i distributori in Cina e di poter, inoltre, fare a meno dell'invio di campioni o materiali nella fase di selezione e valutazione prodotto. Sarà, inoltre, possibile definire le scelte strategiche ed operative direttamente in Italia, con un tavolo di lavoro basato a Shanghai ma connesso in tempo reale con la presenza a Bergamo. Ad esempio, per adeguare il packaging e le logiche di marketing alla cultura del consumatore cinese nella maniera più efficace». Entro 6-12 mesi, i primi prodotti delle aziende già selezionate saranno sugli scaffali cinesi. «Ma l'idea – ha concluso Fattori – è quella di allargare l'arco alimentare, puntando soprattutto al dry food e ai prodotti alimentari per bambini, che i cinesi preferiscono acquistare d'importazione dopo gli scandali sul latte in polvere».
Secondo i dati dell'ultimo rapporto Sace sull'export 2014-2017, l'export alimentare italiano nel triennio potrebbe crescere, in media, dell'8,7 per cento. Il retail di generi alimentari in Asia, invece, a un tasso medio del 15 per cento.
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