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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2014 alle ore 16:03.

Romano Barni è titolare di una impresa edile. Lavora in subappalto nella costruzione di condomini e ha anche una flotta di cinquanta automezzi per lavori esterni (manutenzione, impianti aerei, installazioni) con cestelli o autoscale. Parco automezzi in buona parte acquisito in leasing.

Romano Barni, verso la fine dello scorso anno, affronta una crisi di liquidità aziendale generata da due motivi con cui migliaia di altre imprese italiane hanno a che fare: il ritardato pagamento di alcune fatture da parte di società edili più grosse; il diniego della banca a concedere ulteriore credito.
«Ci siamo trovati quasi all'improvviso senza liquidità – spiega l'imprenditore di Castiglion Fiorentino – e abbiamo accumulato ritardi nel pagamento di tre rate del leasing per un importo di 30mila euro. E spiegare che tutto ciò non era per causa nostra non è servito a molto».
L'impresa di Romani Barni viene quindi contattata dalle strutture di riscossione della banca titolare del leasing, con la quale non si ariva ad un accordo.
«In quel periodo - spiega ancora l'imprenditore - un nostro debitore finisce in concordato preventivo e il credito viene praticamente dimezzato. Un altro colpo. La banca gira la pratica a una società di recuero crediti e qui, devo dire, arriva la svolta. Con i funzionari di questa società concordiamo un progetto di pagamento flessibile in quattro cinque mesi, che permette alla mia azienda di respirare e guardare ancora al futuro.
A fine febario abbiamo chiuso la procedura e pagato tutte le rate arretrate. Ma adesso sono io che devo rientrare dei crediti che ho.
Per fortuna il lavoro è ripreso, ma si incassa ancora ancora poco e con mille problemi. La normativa eurpea sui pagamenti? Mi faccia un'altra domanda, è meglio».

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