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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2014 alle ore 06:41.

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MILANO.
«Guardi, ho un minuto, sono qui con un cliente statunitense». Jacopo Guzzoni è di fretta, fa appena in tempo a confermarci che in effetti la domanda internazionale è in ripresa, fatto non banale perché – scandisce – «è l'export a tenerci in vita».
Assunto che vale per la sua Fomas, 80% di ricavi esteri su 365 milioni di vendite; per la filiera meccanica lecchese di cui l'azienda fa parte; più in generale per l'intero apparato distrettuale italiano. Che per fortuna, a fronte di una domanda interna in costante discesa, riesce a spuntare oltreconfine i migliori risultati della propria storia.
Per il sedicesimo trimestre consecutivo, come segnala l'ultima edizione del Monitor distretti di Intesa Sanpaolo, le vendite estere sono cresciute, arrivando nel 2013 al record storico di 84,2 miliardi di euro. Nei 12 mesi il progresso è pari al 4,5%, che migliora oltre i sei punti percentuali restringendo l'analisi all'ultimo trimestre disponibile, tra ottobre e dicembre.
Crescita significativa, soprattutto se confrontata con il "resto del mondo", in Italia e altrove. Lo scatto del 6,1% dei distretti si confronta infatti con un più magro +3% per le aree non distrettuali (a parità di specializzazione produttiva) mentre nello stesso periodo il manifatturiero tedesco e quello francese addirittura vedono arretrare i propri ricavi oltreconfine. Intendiamoci, per valore assoluto di export (1.094 miliardi) la Germania resta distante anni luce, ma almeno è confortante sapere che il divario rispetto ai distretti si sta riducendo: situazione verificata sia nel quarto trimestre (+6,1% i distretti italiani, -0,3% l'export manifatturiero di Berlino) che nell'intero 2013 (+4,5% in Italia, -1,4% in Germania).
Scorrendo i dati si scopre che ad eccezione della metallurgia, frenata dalla caduta dei listini dell'oro e dalla ridotta domanda di acciaio, tutte le principali specializzazioni distrettuali italiane sono in crescita, con ben 101 aree su 143 capaci di chiudere il 2013 in territorio positivo, 11 in più rispetto al trimestre precedente. Risultati che hanno anche consentito alle aree a maggior specializzazione produttiva di realizzare lo scorso anno un avanzo commerciale vicino ai 58 miliardi. Anche in questo caso si tratta di un nuovo record, realizzato grazie soprattutto alla spinta di Stati Uniti, Germania e Regno Unito, paesi che da soli "spiegano" un terzo dei maggiori volumi realizzati.
«Ed è un fatto importante – spiega Fabrizio Guelpa, responsabile Industry di Intesa Sanpaolo –, perché si tratta di mercati più facilmente aggredibili dalle nostre Pmi. Nei mercati più remoti la situazione resta variegata, con alcuni paesi come India e Brasile in evidente difficoltà mentre Cina, Russia, e Paesi Arabi hanno incrementato in modo significativo gli acquisti».
Tra i 30 distretti più brillanti per crescita in valore assoluto dell'export sono rappresentate tutte le specializzazioni produttive: dieci nel sistema moda, otto agro-alimentari, sei nella meccanica, cinque nel sistema casa, un distretto nei beni intermedi.
Sviluppo corale, che crea nei fatti una progressiva segmentazione dell'universo delle imprese portando verso risultati migliori le realtà più strutturate per vendere all'estero e spingendo invece sempre più in basso chi, per scelta o per necessità, conta principalmente sul mercato interno.
Visitando le aziende e guardando i loro numeri, si ha la conferma diretta di questo scenario: possono essere i macchinari da packaging della bolognese Ima, i caloriferi della lecchese Deltacalor, o ancora le viti hi-tech della brianzola Brugola oppure le moto della varesina Mv Agusta. Tutte aziende capaci nel 2013 di arrivare al record storico di ricavi. Grazie all'export.
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