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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2014 alle ore 17:01.
L'ultima modifica è del 21 marzo 2014 alle ore 17:03.

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Insegnare ai formatori commerciali, ai responsabili dei punti vendita e ai commessi cinesi come allestire un negozio e come offrire la migliore assistenza ai clienti, dispensando consigli utili in materia di stile e di total look. Tutto, rigorosamente e così come farebbe un italiano.

E' la sfida raccolta dalla Cavalieri Retailing, società di consulenza e formazione nel settore della distribuzione, nata a Torino nel 1989, attiva sul mercato internazionale e che, a inizio del 2013, ha aperto una sede a Shangai. L'azienda ha firmato, di recente, un contratto con il gruppo Fingen, già conosciuto in Italia per lo sviluppo insieme a McArthurGlen di importanti outlet designer come Serravalle Scrivia, Castel Romano e Barberino del Mugello e in procinto di inaugurare, ad ottobre, alle porte di Pechino, il Florentia Village, complesso commerciale per le griffe del lusso occidentali, ispirato nell'architettura alle città d'arte italiane.
«La formazione è già iniziata – racconta Davide Cavalieri, general manager -. I corsi sono rivolti sia ai commessi che ai trainer, chiamati in futuro a formare altro personale, considerato l'alto turn-over che caratterizza il settore del commercio, specie in Paesi come la Cina. Nel centro lavoreranno fra le 500 e le mille persone, a seconda dei turni e dei periodi: puntiamo a formare il 10% di questo personale. Ciò che cerchiamo di esportare è la grande esperienza accumulata in Europa nel campo del retail».

La nascita di outlet, che vendono prodotti di marca a prezzi "accessibili" al mercato locale (tenendo conto che, in genere, il costo medio di una griffe venduta sul mercato asiatico sconta un overprice fra il 50 e l'80% rispetto al prezzo in Occidente) è un fenomeno relativamente recente per la Cina e che promette importanti risultati. Il solo gruppo Fingen ha in programma l'apertura di altri 8 outlet nel Paese sull'orizzonte del 2018.
«Il nostro supporto – prosegue Cavalieri – sarà mirato innanzitutto a far conoscere e diffondere gli strumenti che servono a rilevare gli ingressi e mappare la clientela, cioè a capire chi sono i clienti di un determinato negozio, cosa si aspettano, quali i comportamenti e le abitudini, quali le fasce d'età. Inoltre insegneremo quali sono le corrette modalità per relazionarsi con un cliente, anche in rapporto al brand di cui è necessario raccontare e trasmettere i valori di base. Effettueremo anche dei test sul campo, con valutatori che vestiranno, in anonimato, i panni dei clienti. Per capire bene il nostro compito, è necessario anche tenere presente che in Cina il lavoro di commesso non gode, ad oggi, di una considerazione sociale adeguata alle competenze che è necessario dimostrare». Specie perché solitamente e al di fuori dei negozi che vendono griffe, il salario medio in questo ambito è basso. «Per alcuni brand – conclude infine Cavalieri – lavoreremo anche sul visual e sulla cura del negozio. Quella in Cina è una sfida per il nostro gruppo, che dallo scorso anno ha deciso di scommettere su questo Paese e che oggi, a un anno di distanza, inizia a raccogliere i frutti».

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