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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2014 alle ore 15:22.
L'ultima modifica è del 31 marzo 2014 alle ore 15:25.

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Un costo dell'energia che è il più alto in Europa, e retribuzioni che una somma di contrattazioni pregresse, premi di risultato e superminimi ha portato «a un livello di gran lunga superiore alla media italiana di questo settore, fino a un 30% in più».
Stefano Boccalon, titolare della Glass di Oderzo (produzione di sanitari, vasche e box doccia di alta gamma) spiega perché la cordata di investitori che stava esaminando l'acquisto dello stabilimento Ideal Standard di Orcenico – Friuli Venezia Giulia, 430 addetti – non ha trovato le condizioni per proseguire: «Qui non si trattava di rilevare un marchio e delle quote di mercato, in vendita era solo il fabbricato con i macchinari. Per essere sostenibile, un sito così dovrebbe produrre 500mila pezzi all'anno, che vorrebbe dire quasi il 20% del totale italiano».

Ecco perché non si sono cercati investitori interessati ad avviare una produzione partendo da zero, e nemmeno a trasferire quote da altri siti: «Diciamo la verità, oggi nessuno ha problemi di capacità produttiva in eccesso». La cordata guidata da Boccalon – un investitore russo, più altri sui quali c'è riservatezza – ha cercato la strada più mirata a portare a Pordenone più volumi possibile, e nel tempo più breve possibile. Contattando quindi grossisti e distributori che non avessero, ancora, una produzione propria.
In un settore già in sofferenza per un eccesso di magazzini, l'unica possibilità concreta, alla quale tutti si erano aggrappati: «Abbiamo trovato una Regione disponibile a mettere in campo ogni tipo di incentivo; la stessa multinazionale ha fatto la sua parte, sanno bene che tipo di problema sociale si può creare».

Pordenone è una provincia alle prese con la crisi Ideal Standard, ma anche Electrolux: qui, a Porcia, c'è lo stabilimento di produzione di lavatrici per il quale, in un primo momento, non c'era un piano industriale. E che anche adesso, con un rischio chiusura che sembra scongiurato, sconterà tagli occupazionali pesanti. Anche per la ceramica di Orcenico, nella migliore delle ipotesi, si va verso un ridimensionamento: «Questo non è uno stabilimento efficiente – spiega Boccalon – La sostenibilità si ha con circa 4mila pezzi all'anno per dipendente, su 400 addetti si arriverebbe a ben oltre un milione di pezzi che sono un'enormità. E quel costo del lavoro che si è stratificato negli anni rende ogni ipotesi fuori mercato». Oggi a Orcenico non si va oltre i 270mila pezzi. «In questo settore il costo del lavoro è già alto. Se lo troviamo sproporzionato per anni di accordi che si sono accavallati, diventa improponibile», conclude Boccalon.

Resta una delusione palpabile: «Avrei voluto che questo diventasse un modello, poteva essere un laboratorio di innovazione nella gestione di una crisi. Le istituzioni erano pronte. A mio parere è mancata una proposta valida da parte del sindacato, magari in termini di compartecipazione. Non si possono chiedere solo tutele e investimenti, se questi non bastano a mantenere una produzione e non si riesce a catturare l'interesse di investitori stranieri, nè ha senso fare una guerra fra poveri».

Il riferimento è alla polemica con il Veneto, dove ha sede un altro stabilimento Ideal Standard e dove oggi sale la preoccupazione. In Friuli VG, dopo il fallimento della trattativa condotta dall'imprenditore veneto, «occorre subito rimboccarsi le maniche e trovare soluzioni alternative al salvataggio» dice il segretario generale della Cisl Fvg, Giovanni Fania, che si appella direttamente a Regione e imprenditori locali per avviare «un'eventuale forma di autogestione dello stabilimento. Bisogna costruire da subito una valida alternativa per Ideal Standard, non escludendo alcuna ipotesi e con l'obiettivo di salvaguardare maestranze qualificate e mantenere sul territorio un settore importante della nostra manifattura».

La cassa integrazione scadrà alla fine del mese: è questo il tempo che resta per trovare una soluzione.

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