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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2014 alle ore 06:37.

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La Spagna era preparata a un lungo periodo di bassa inflazione, come indicato dalla Bce di Mario Draghi per tutta l'Eurozona. Ma a Madrid non si aspettavano di dover fare subito i conti con la deflazione: a marzo i prezzi al consumo sono scesi dello 0,2% su base annua, con un calo che non si verificava dal 2009, sorprendendo anche gli analisti che dopo il +0,1% di febbraio avevano previsto un'inflazione poco superiore allo zero. Sono decimi di punto che fanno la differenza per un'economia che si sta riprendendo a fatica dopo aver vissuto l'esplosione della bolla immobiliare e la crisi bancaria con il salvataggio internazionale a scongiurare il default. Tra due recessioni e con la urgente necessità di rimettere in ordine il bilancio pubblico.
Le parole del governatore centrale Luis Maria Linde sono quasi un appello alla Bce. «L'inflazione così bassa ha dei vantaggi nella moderazione salariale e nel favorire le esportazioni ma ha anche molte complicazioni», ha detto augurandosi che l'inflazione chiuda l'anno tra lo 0,4% e lo 0,5 per cento. «Sappiamo - ha poi aggiunto - che la Bce ha l'obbligo di intervenire per anticipare il rischio di deflazione».
Sulla diminuzione dei prezzi di marzo hanno influito i listini degli alimentari e delle bibite non alcoliche, oltre ai prezzi dei viaggi organizzati, che nel corrispondente mese del 2013 erano aumentati in modo più marcato per la Pasqua. E anche alcune misure sull'Iva si sono fatte sentire. La preoccupazione tuttavia va oltre i fattori stagionali.
«I prezzi ora stanno scendendo poco a poco ma potrebbero cominciare a calare più rapidamente: c'è il rischio concreto di cadere in una spirale di deflazione», spiega Luis Garicano, professore alla London School of Economics. «Il raffreddamento dei prezzi è molto costoso nei Paesi periferici che hanno a che fare con un problema di sostenibilità del debito molto più complesso», afferma Guntram Wolff, direttore del Centro di ricerca Bruegel. In Spagna il settore privato ha raggiunto un indebitamento pari al 200% del Pil, mentre il debito pubblico complessivo potrebbe superare la soglia del 100% del Pil nei prossimi due anni.
E l'economia spagnola che sta puntando tutto sulle esportazioni è più esposta di altre economie al rischio di deflazione. Le vendite all'estero l'anno scorso sono aumentate del 5,4% e continuano a sostenere la ripresa tanto che nel 2014 e nel 2015 il Pil - secondo le analisi della Commissione di Bruxelles - dovrebbe crescere dell'1% e dell'1,7 per cento. A sostenere le esportazioni è la ritrovata produttività del lavoro ottenuta con investimenti in tecnologia delle imprese e con la diminuzione del costo del lavoro. Un elemento quest'ultimo che, in un Paese con il tasso di disoccupazione ancora sopra il 26%, ha contribuito a deprimere ulteriormente la domanda interna per beni e servizi. «Non siamo ancora in deflazione ma l'inflazione è praticamente a zero. E questo - dice Angel Laborda, esperto di congiuntura di Funcas - certo non aiuta l'economia spagnola che sta cercando di riprendersi».
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