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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2014 alle ore 13:45.
L'ultima modifica è del 03 aprile 2014 alle ore 17:21.

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Si guadagna poco, ma si può anche arrivare a guadagnare molto bene. Si è flessibili, nella maggior parte dei casi addirittura stagionali, ma si può anche raggiungere una certa stabilità. La busta paga varia a seconda delle competenze, del grado di specializzazione ma anche delle coordinate geografiche e – quindi – della capacità di spesa delle imprese e del costo della vita per i cittadini.

È il complesso universo dell'agricoltura, un comparto strategico per l'economia del Paese, l'unico che nel 2013 secondo l'Istat ha registrato un incremento di valore aggiunto (+0,3%) rispetto all'anno precedente. Le aziende che assumono sono 200mila e, ogni anno, se ne contano dalle cinquemila alle seimila in più. Il settore, al netto degli impiegati, occupa oltre un milione di persone. E quest'oggi vede aprirsi ufficialmente la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro: alle 17, presso la sede di Confagricoltura a Roma, si riuniranno in plenaria le delegazioni di Coldiretti, Confagricoltura e Cia da un lato, Fai, Flai e Uila dall'altro chiamate a discutere la piattaforma sindacale che parte da una richiesta media di aumento salariale del 5% e miglioramento del welfare negoziale attraverso gli strumenti della bilateralità.

Sui generis il ccnl di settore: dal 1998 la durata del testo nazionale di riferimento è quadriennale, «sfalsata» di due anni rispetto a quella dei contratti provinciali che rappresentano la contrattazione di secondo livello. In questo modo, ogni due anni si interviene all'adeguamento dei parametri salariali al costo della vita. O con il ccnl o con l'integrativo.

Un lavoro per giovani
Chi sono di preciso gli operai agricoli? «Parliamo di un comparto nel quale l'incidenza della manodopera giovanile è in continua crescita», spiega Romano Magrini, responsabile lavoro di Coldiretti. Basta dare un occhio ai numeri: i giovani rappresentano dal 25 al 30% del totale degli addetti di settore. Anche il contributo degli extracomunitari è significativo, con una quota che si aggira intorno al 15% del numero complessivo dei braccianti. Ovviamente senza considerare la piaga della manodopera irregolare, fenomeno piuttosto difficile da censire. Difficile scendere nel dettaglio della distribuzione degli addetti per singole aree di specializzazione (operaio comune, qualificato e specializzato) previste dal contratto.

La paga dello stagionale
E a quanto ammonta la retribuzione di un operaio agricolo? «La situazione varia – continua Magrini – a seconda del grado di specializzazione, ma anche della provincia in cui si opera». Un operaio comune può percepire dai 5,30 ai 7 euro l'ora portando a casa in media, a fine giornata, qualcosa come 55 euro. Nei mesi di stop previsti dal ciclo biologico delle colture, per gli stagionali intervengono le indennità di disoccupazione. Proprio a queste fasce di lavoratori, il sindacato volgerà lo sguardo in sede di trattativa: «Nel lavoro agricolo – spiega Giorgio Carra di Uila – esistano situazioni che sfiorano il limite della sussistenza economica. In particolare tra gli stagionali occorre rafforzare il sistema di garanzie esistenti. Lavoreremo in questo senso».

Specializzati più stabili
Per uno specializzato la situazione è sensibilmente diversa: si parla di una paga che va dai 10 euro l'ora a salire. Un addetto con queste caratteristiche, a fine mese, può percepire dai 1.600 ai 1.800 euro. «È il contratto provinciale di riferimento - spiega Magrini – a fare la differenza. Rispetto al passato, è cresciuto il peso del secondo livello di contrattazione proprio per tenere conto dei diversi contesti di mercato del Paese e dei costi della vita sensibilmente diversi da una provincia all'altra». Più è alto il livello di specializzazione, maggiore è il grado di stabilità dell'operaio agricolo. E il cune fiscale incide? Magrini non ha dubbi: «In Italia la tassazione sul lavoro stagionale è più alta di quella che esiste in Paesi come Francia e Spagna. In particolare, in alcune aree del Nord diventa addirittura insostenibile. Un po' di attenzione maggiore – conclude l'esponente di Coldiretti - da parte delle istituzioni a questi temi non guasterebbe». Perché alla fine parliamo di un settore che continua ad assumere. Alla faccia della crisi.

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