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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2014 alle ore 09:49.
L'ultima modifica è del 19 aprile 2014 alle ore 09:49.

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La Faac resta sotto sequestro. Così ha stabilito la prima sezione civile del Tribunale di Bologna respingendo i reclami presentati dall'Arcidiocesi del capoluogo emiliano e dall'azienda stessa. In attesa del pronunciamento dei periti sull'autenticità dei testamenti olografi del fondatore della multinazionale dei cancelli, Michelangelo Manini, i giudici hanno confermato con due ordinanze il provvedimento di sequestro cautelare del 66% delle azioni, il tesoro più cospicuo di una eredità che complessivamente vale 1,7 miliardi e che è contesa dalla Curia e dai parenti di Manini.

"Prendiamo atto della decisione del Tribunale – dice Andrea Marcellan, amministratore delegato della Faac - e delle rassicurazioni contenute nel testo dell'ordinanza, dove si precisa che non vi sarà interferenza sull'amministrazione della società, in quanto il sequestro delle azioni lascia immutati i poteri e le responsabilità degli amministratori. Resta da vedere se l'operato del custode in futuro sarà coerente con tali rassicurazioni". Parole con le quali Marcellan manifesta ancora una volta le forti tensioni tra i vertici dell'azienda e il custode giudiziario nominato dal Tribunale, Paolo Bastia, accusato di ingerenze nella gestione del colosso di Zola Predosa, nel Bolognese. In attesa della sentenza, prevista entro l'anno, si chiude così la lunga fase dei ricorsi.

Sono passati pochi mesi da quando 170 dipendenti del quartiere generale della Faac organizzarono un presidio davanti al Tribunale per manifestare la loro preoccupazione per il destino di una azienda che, nel mondo, conta quasi 1.800 addetti. Per i giudici è di fatto ininfluente la richiesta di archiviazione della denuncia contro ignoti per falso, depositata dalla Procura della repubblica, dopo l'impugnazione dei testamenti da parte dei parenti. "L'istruzione probatoria civile è in corso – scrivono infatti nell'ordinanza che ha rigettato i reclami – e la richiesta di archiviazione non avrebbe l'efficacia di una sentenza".

Solo con il completamento dell'istruttoria, e quindi con l'esame della perizia disposta dal giudice Fiammetta Squarzoni (il pronunciamento dei periti nominati dal Tribunale è previsto in luglio) il collegio "sarà in grado di assumere una decisione con cognizione piena". L'azienda, quindi, resta sotto la custodia di Bastia, nonostante secondo i vertici di Faac sia stato proprio il provvedimento di sequestro giudiziario a frenare a partire dal 2013 lo sviluppo dell'azienda, rendendo difficile anche il reperimento di finanziamenti per sostenere il piano di sviluppo.

La multinazionale, 16 stabilimenti tra Italia e resto del mondo, è al centro dell'aspra battaglia giudiziaria che oppone l'Arcidiocesi ai parenti del fondatore da un anno e mezzo. Tutto ruota intorno ai tre testamenti con i quali Manini ha nominato erede universale la Chiesa. La posta in gioco è il pacchetto di maggioranza di un'azienda (la quota restante è in mano ai francesi della Somfy), che ha raggiunto ricavi per 300 milioni ed è presente, all'estero, in trenta Paesi, tra Stati Uniti, Europa, Asia e America del Sud.

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