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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2014 alle ore 11:52.

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La corte di Appello di Ancona ha confermato ieri la sentenza di primo grado che annulla la vendita della ex Ardo (il ramo del bianco della fallita Antonio Merloni) alla newco dell'imprenditore cerretese Giovanni Porcarelli e rende sempre più incerto il futuro dei 700 lavoratori salvati nel 2011 dalla Jp Industries. La sentenza-bis ha dato di nuovo ragione alle sette banche creditrici (si parla di un debito complessivo di circa 176 milioni di euro) secondo cui il prezzo di cessione stabilito dai commissari ministeriali, 13 milioni di euro, sarebbe stato troppo basso rispetto a una valutazione minima equa quattro volte superiore, attorno ai 54 milioni di euro.

La sentenza del tribunale di secondo grado ha ribadito che il "badwill" dell'ex Ardo andava distribuito su due anziché su quattro anni e ha annullato la cessione a Porcarelli dei due stabilimenti fabrianesi di Santa Maria e Marangone e di quello umbro di Gaifana.
Una decisione che ha spiazzato lavoratori e sindacati, che già domani si incontreranno per decidere le prossime azioni di protesta, mentre sia Porcarelli sia il ministero dello Sviluppo economico hanno annunciato il ricorso in Cassazione. Se anche l'ultimo grado di giudizio dovesse confermare le precedenti sentenze, gli asset torneranno in mani statali e per i 700 operai si aprirebbe lo spettro della mobilità.

Un ennesimo capitolo poco invitante per chi vuole fare industria nel nostro Paese. L'ex colosso europeo dell'elettrodomestico contoterzi e i suoi 2.250 addetti sono finiti in amministrazione straordinaria nel 2008, ma il bando per la vendita è andato deserto più volte e solo il gruppo QS di Cerreto d'Esi di Porcarelli (che si occupa di automazione industriale) si è presentato tre anni dopo con un piano industriale serio, per quanto a perimetro ridotto. L'annullamento deciso in primo grado lo scorso settembre e la conferma in appello di ieri rischiano di danneggiare non solo Jp e i 700 addetti salvati, ma gli stessi creditori, è la denuncia che si leva dalle associazioni industriali del territorio.

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