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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2014 alle ore 15:57.

Il calo dei contributi pubblici colpisce - e mette a rischio - anche un'istituzione culturale modello di collaborazione tra pubblico e privato come la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, presieduta da Lorenzo Bini Smaghi e guidata dal direttore James Bradburne, capace di generare sul territorio, nel 2013, un impatto economico di circa 29 milioni di euro (calcolato con un metodo sviluppato da The Boston consulting group e affinato in grandi istituzioni culturali e artistiche internazionali).
Il bilancio 2013 si è chiuso con un disavanzo di 755mila euro, ripianato attingendo al patrimonio, che è il risultato di 7,11 milioni di costi (-2%) e di 6,36 milioni di ricavi (-15%). La diminuzione di ricavi è legata, in gran parte, al calo dei contributi dei soci fondatori pubblici, in particolare Provincia di Firenze, Camera di commercio e Comune, che nel complesso hanno fatto mancare quasi 1 milione di euro. In linea col 2012 si sono mantenute invece le erogazioni dei soci privati di Palazzo Strozzi, riuniti nell'associazione Apps, e di Banca Cr Firenze.
«Così com'è il bilancio non è sostenibile, e il nostro compito diventa difficile da svolgere», ha ammonito Bini Smaghi. Per avere un bilancio sostenibile, una istituzione culturale che organizza mostre ed eventi deve poter contare su "almeno il 30-35% di contributi pubblici", che nel caso di Palazzo Strozzi si affiancherebbero al 45% di risorse private e al 20-22% di entrate da biglietti e bookshop. «Siamo l'istituzione che meno dipende da contributi pubblici, in otto anni di vita abbiamo costruito una realtà importante per il Paese, ma se la città vuole continuare a puntare su di noi, deve garantire la sostenibilità del bilancio», hanno ripetuto Bini Smaghi e Bradburne, presentando i dati dei visitatori che nel 2013 hanno superato quota 217mila. L'appello è rivolto, in particolare, al nuovo sindaco di Firenze e al nuovo presidente della Camera di commercio che usciranno dalle elezioni (mentre la Regione Toscana si è già impegnata a coprire la metà della quota di competenza della Provincia destinata a scomparire). «Non c'è altra istituzione in Italia che produce un impatto economico così forte sul territorio con così pochi soldi pubblici, ma ora la città deve dire se vuole continuare ad averla», conclude Bini Smaghi.
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