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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2014 alle ore 15:05.

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Da rifiuto speciale a risorsa per l'industria laniera del Nord. Considerata scarto di produzione e destinata allo smaltimento, la lana ovina che abbonda nei pascoli del parco dell'Alta Murgia barese (68.000 ettari distinti in 3 aree a tutela differenziata) è diventata materia prima di una filiera che approda nelle industrie di Biella. Risultato: oltre 40 tonnellate di lana sudicia che, raccolta da 80 aziende agro-zootecniche operanti nel Parco e aderenti al consorzio "Murgia Viva", viene selezionata, stoccata, imballata con il contrassegno del marchio del Parco Nazionale dell'Alta Murgia e inviata al "Consorzio Biella Wool Company", per la valutazione delle partite e la vendita nelle aste internazionali. Varato dall'ente Parco, questa lana "made in Murgia" è un buon esempio di filiera che ha individuato nel territorio tutti i soggetti in grado di gestirla dal punto di vista sociale, organizzativo, produttivo ed economico, con una attenzione particolare soprattutto agli sbocchi per le produzioni laniere, resi possibili dalla collaborazione del consorzio "Murgia Viva" con il centro di raccolta di Lane Sucide "The Wool Company" di Biella.

Iniziato sperimentalmente nel 2012, il progetto –che evita lo smaltimento selvaggio (nei boschi) o quello controllato in discarica (al costo di 20 centesimi al kilo)- trasforma la lana in una risorsa che origina profitto. Come hanno capito gli allevatori. Nell'arco di un solo anno, infatti, ha coinvolto non solo più aziende (da 64 a 80), ma anche più prodotto conferito (da 30 a 40 tonnellate) e redditività maggiore: da 0,70 fino a 0,90 euro al kilo (per quella merinizzata) in virtù della migliore selezione e pulizia della lana consegnata. La selezione non è operazione da poco:in tutti gli allevamenti sparsi nei perimetro ufficiale
del parco vi sono quasi 60mila pecore che producono,in media, 1-2 kilogrammi di lana per ogni capo,cioè 120 tonnellate di prodotto che andrebbe appunto scelto, lavato e stoccato.

Come chiede l'industria tessile del bergamasco e del biellese che, interessato da tempo a questa lana, vuole che i pastori selezionino quella bianca, cioè tolgano il pelo nero,la distinguano per razze,cioè che venga merinizzata, pulita e stoccata. Il rilancio di questo nobile prodotto dimenticato nel tempo è coerente con gli obiettivi di valorizzazione anche socio-economica voluti dall'ente Parco nel suo piano pluriennale di sviluppo. «Nelle aree di protezione-spiega il direttore generale, Fabio Modesti- è infatti possibile continuare, secondo gli usi tradizionali, ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali, e le produzione artigianali di qualità». Attività pastorali che si svolgono, prevalentemente, in una fascia che, nella Murgia Alta, richiama quella "a stipa", posta a 500 metri di altitudine, ultimo esempio di pseudo-steppa mediterranea presente nell'Italia peninsulare ed uno dei più importanti del Mediterraneo.

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