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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2014 alle ore 10:55.
L'ultima modifica è del 16 maggio 2014 alle ore 16:41.

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Resta molto incerto lo scenario dell'Ilva e per alcuni aspetti si complica anche. Alle note difficoltá dell'azienda nel reperire i mezzi finanziari che servono alla gestione e all'avanzamento del risanamento ambientale, ora si aggiungono le nuove polemiche che investono il commissario Enrico Bondi, finito nel mirino del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Esplode infatti un nuovo caso: la memoria difensiva che l'Ilva, agli inizi del mese, ha presentato al Tar di Lecce in vista di un giudizio amministrativo fissato per il 5 giugno. Il ricorso dell'azienda riguarda le modalitá di caratterizzazione di alcune aree ai fini della bonifica dall'inquinamento ed é contro il ministero dell'Ambiente, i Comuni di Taranto e Statte e la Regione Puglia. La vicenda è cominciata nel 2009 e il ricorso è stato avviato dalla proprietà dell'Ilva a fronte di un conflitto sorto col ministero dell'Ambiente circa la metodologia tecnica da seguire. Gli avvocati che firmano l'ulteriore difesa dell'Ilva sono Roberto Marra e Francesco Perli. Quest'ultimo é uno dei legali dei Riva finito nell'inchiesta giudiziaria di Taranto sul disastro ambientale dell'Ilva e per il quale la Procura ha chiesto al giudice per l'udienza preliminare, Wilma Gilli, il rinvio a giudizio con la pesante accusa di associazione a delinquere (prima udienza il 19 giugno).

Nel nuovo ricorso per conto di Bondi, gli avvocati dicono tra l'altro che si attribuisce "la qualifica di area fortemente inquinata alle aree di Ilva senza alcuna analisi effettiva e solo in dipendenza della loro utilizzazione industriale". Inoltre, "sulla base della completa assenza di qualsiasi indicatore che evidenzi una situazione di criticitá ambientale per le aree in questione ed anzi, in presenza di concrete analisi che hanno escluso per dette aree ogni contaminazione, gli impugnati provvedimenti - si legge nel ricorso - hanno imposto ed impongono a Ilva di considerare e trattare i terreni di scavo come inquinati, interferiscono sulle soluzioni progettuali, impongono prescrizioni tecniche imposte dall'Arpa Veneto per gli interventi a Marghera e, oltretutto, cogenti solo per le imprese che hanno volontariamente aderito all'accordo di programma per la chimica". L'azienda, prosegue il ricorso, deve cosí adempiere "a prescrizioni che non hanno alcun fondamento normativo nonostante che Ilva abbia giá autonomamente assunto adeguati criteri precauzionali". E ancora, gli avvocati Perli e Marra parlano, a proposito della bonifica, di "oneri e prescrizioni sempre piú onerose ed eccessive" tese "ad alimentare ingiustificatamente il business ambientale a spese dell'operatore economico di turno", e osservano che "Arpa Puglia si fa lautamente pagare quasi 1.500 euro ciascuno" i campionamenti delle analisi integrative.

Letta la memoria dell'Ilva, il governatore Vendola, che giá un anno fa contestó la nomina di Bondi a commissario, ha scritto al premier Matteo Renzi attaccando l'azienda. Il presidente della Regione Puglia parla di "affermazioni gravemente diffamatorie, se non calunniose, nei confronti di Regione e Arpa", di "conflittualitá dell'azienda" che "non é venuta meno con l'insediamento della struttura commissariale designata dal Governo", tant'é che "si sono recentemente aperti nuovi fronti di contenzioso". Vendola manifesta anche "perplessitá" a fronte della scelta dell'azienda commissariata "di tenere fermi sia il team difensivo di fiducia della famiglia Riva (peraltro imputato di gravissime condotte antigiuridiche nell'ambito del processo pendente a Taranto), che la linea processuale stabilita dalla proprietá aziendale". Vendola chiede quindi a Renzi di "ricondurre l'attivitá del commissario ad una linea di interlocuzione e rispetto verso le istituzioni pubbliche regionali". E poco prima del governatore Vendola era stato il sindaco di Taranto, Ezio Stefáno, a rivolgersi a Renzi, parlando di "gestione negativa che sta caratterizzando l'attuale gestione commissariale" ma riferita perlopiú al tracollo delle imprese appaltatrici e al rischio di messa in discussione del piano ambientale e dei posti di lavoro a causa dell'assenza di risorse.

Una nuova polemica, dunque, investe Bondi che intanto incassa il consenso dei sindacati metalmeccanici - o almeno quello di Fim Cisl e Uilm Uil - sulle scelte del piano industriale presentato ieri a Roma. Piano ambizioso lo definisce la Uilm, piano che "va sostenuto da tutto il Sistema Paese" aggiunge la Fim. Un piano, peró, per il quale mancano le risorse come, ancora una volta, é emerso ieri. A fronte di un fabbisogno complessivo di 4,185 miliardi sino al 2020, l'azienda ha bisogno di un aumento di capitale in quest'anno di 1,8 miliardi e di nuovi finanziamenti per 1,5 miliardi tra il 2015 e il 2016. Incerta, peró, é la risposta dei Riva sull'aumento di capitale - si conoscerá entro il 23 maggio ha detto Bondi ai sindacati -. In quanto alle banche, per ora sono caute nello sbilanciarsi. Prima vogliono vedere le mosse dell'azionista. Ma la situazione dell'azienda sta precipitando, non c'é tempo da perdere, dicono i sindacati, e anche Confindustria Taranto si associa all'allarme denunciando la crisi pesante dell'indotto-appalto. Per uscirne, quindi, dicono i sindacati rilanciando al Governo la discussione fatta ieri con Bondi, o si attiva in tempi brevi un finanziamento ponte da 7-800 milioni con la garanzia dell'esecutivo, oppure si usano i soldi che la Magistratura di Milano ha sequestrato ai Riva

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