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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2014 alle ore 16:34.

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L'Italia del packaging d'avanguardia produce "in casa" per fatturare in Cina e Usa. E non solo. «La prima macchina metallizzatrice prodotta nel nuovo stabilimento di Piacenza è stata già venduta in Armenia, a un'azienda di pellicole con ologrammi per carte di credito e marche da bollo». Tecnologia brevettata (al mondo ce l'hanno solo due aziende tedesche e una inglese) di cui parla con orgoglio Antonio Cerciello, napoletano d'origine e di cadenza ma piacentino d'adozione, al taglio del nastro – davanti a una delegazione di 50 clienti cinesi – del nuovo capannone emiliano da 100 nuovi posti di lavoro in cui la Nordmeccanica (280 dipendenti e 82 milioni di euro di fatturato in 80 Paesi, leader mondiale negli impianti per l'imballaggio "flessibile"), produce macchinari per la metallizzazione del packaging.

In pratica, impianti sottovuoto per creare – senza solventi – la carta che si trova all'interno dei pacchetti di sigarette, nelle confezioni di farmaci o, più semplicemente, nei sacchetti di pop corn e patatine. Ovvero un lato plastica, l'altro metallo. Abbatte i costi, è più ecosostenibile e flessibile del tradizionale alluminio.
Licenza esclusiva su tecnologia brevettata da Galileo Vacuum Systems (Gvs) acquisita a gennaio 2013 dopo un accordo con i liquidatori della storica azienda fiorentina, ex divisione delle Officine Galileo di Firenze (gruppo Finmeccanica) in amministrazione controllata.

Nordmeccanica (3 stabilimenti produttivi in Italia, uno in Cina e uno in Usa, oltre a sedi commerciali in India e Argentina) ha installato, a oggi, oltre 2.100 macchinari nel mondo ed è passata da 7 milioni di euro di fatturato nel 2000 a 82 milioni nel 2013 «e solo con gli ordini già in mano – afferma Cerciello – chiuderemo il 2014 a 102 milioni di euro». Fatturato che per il 41% si fa in Asia, per il 25% in Europa, per il 16% in Nord America, per l'11% in Centro e Sud America, per il 5% in Africa e Australia e solo per il 2% in Italia.
Negli Usa il fatturato cresce del 20% l'anno, le vendite del 18% e si è ampliato lo stabilimento di Long Island. Solo in Cina Nordmeccanica detiene una quota del 70% del mercato del packaging flessibile (in pratica tutte i macchinari per realizzare le confezioni morbide per alimentari, profumi e detersivi). Un'avventura iniziata nel 2007 con vendite "sporadiche" e con uno stabilimento a Shangai 2 anni dopo, che nel 2010 aveva 12 dipendenti, vendeva 6 macchine e archiviava 1 milione di euro di fatturato. Nel 2013 i dipendenti sono diventati 50, gli impianti venduti 70 e il turnover ha toccato i 10 milioni di euro. «Quest'anno – aggiunge Cerciello – l'obiettivo è raddoppiare il fatturato cinese a 20 milioni di euro».

«Le regole sulla sicurezza alimentare e sulla lotta alla sofisticazione dei beni di consumo sono sempre più rigide e sovrappongono discipline provinciali e nazionale – ha spiegato Fang Liang, presidente degli imprenditori del packaging dello Hunan –. Ci stiamo muovendo affinché il livello della tecnologia sia alto e non vengano utilizzati materiali nocivi». «Il problema della Cina è la sicurezza alimentare – ha aggiunto Alfredo Cerciello –. Noi stiamo cavalcando queste nuove leggi, puntanto sul solvent less e su una tecnologia che precede le normative cinesi». Un difetto dell'imprenditore italiano in Cina? «Molti sono andati a provare - ha detto Alfredo Cerciello -. È sbagliato, bisogna andare con un business plan serio». Infine, le assunzioni: «Tutti i nostri tecnici – ha concluso Cerciello – crescono all'interno dell'azienda e li formiamo a nostre spese, con contratto a tempo determinato che poi diventa indeterminato. Il dipendente si deve sentire parte dell'azienda. Con un contratto differente non sarebbe possibile».

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