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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 14:21.

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(Corbis)(Corbis)

Piccolo non è più bello, e anche il mondo della consulenza non si sottrae alle nuove regole imposte dalla globalizzazione dei mercati.

I numeri dell'Osservatorio Confindustria Assoconsult, che verranno presentati il 27 maggio, fotografano infatti un comparto a due velocita, con i "big" capaci di aumentare del 2,7% i ricavi annui a fronte di tracollo di oltre otto punti per le micro imprese.

Realtà frammentata, quella della consulenza italiana, con l'85% delle 18.450 aziende totali rappresentato da microimprese con meno di tre addetti. A loro, alle realtà minori, va però solo il 24,1% dei ricavi mentre il grosso del business, stimato in tre miliardi di euro lo scorso anno, è appannaggio dei "big" della consulenza, 35 aziende in gran parte internazionali in grado di intercettare quasi la metà del giro d'affari complessivo, valore che invece era pari ad appena il 37% nel 2009.

L'aspetto piramidale del settore è ancora più visibile guardando ai ricavi medi annui: 42 milioni in media per ciascuno dei 35 "big" che scendono ad appena un milione per le realtà fino a 49 addetti, con un crollo a 208mila euro per le piccole società e appena 48mila euro per le micro imprese.

Se i colossi del settore hanno saputo resistere meglio di altri alla frenata dell'economia italiana, anche per loro è però evidente la necessità di comprimere i propri margini: il costo medio di una giornata di un professionista di un "big" scende infatti dai 1005 euro del 2011 ai 914 attuali. Un calo del 9% che viene tuttavia superato dal -14% delle microimprese, mentre le realtà intermedie (nelle fasce 3-9 addetti e 10-49) riescono a tenere le proprie posizioni.

Trend occupazionale in miglioramento
Sul versante dell'occupazione, che sfiora le 35mila unità, il trend settoriale è in crescita, anche per il forte aumento legato alle grandi imprese, con addetti in crescita da quattro anni consecutivi, del 6,2% nel 2013. Posto a 100 il valore del 2009 l'occupazione aumenta in realtà per tutte le fasce dimensionali, con l'eccezione non marginale delle medie imprese, giù del 7,7% in quattro anni.

La crescita degli addetti delle micro-imprese è in gran parte legata all'aumento della loro numerosità (+2,6%), una crescita che gli autori dello studio imputano in particolare proprio alla necessità di auto-occupazione: più un risultato della crisi e della necessità per molti manager di riposizionarsi, dunque, che non un indice di vero proprio sviluppo.

«La crescita dimensionale e l'internazionalizzazione delle società di consulenza – dichiara Ezio Lattanzio, Presidente di Confindustria Assoconsult - sono le caratteristiche che sosterranno la consulenza italiana. Nonostante l'export non sia riuscito ad essere anche per il 2013 una leva di sviluppo del settore, le imprese che operano anche all'estero risultano più attive e in crescita di quelle che lavorano solo sul mercato nazionale. Maggiori ambiti di sviluppo potrebbero/dovrebbero venire dalla Pubblica Amministrazione: in tutti gli Stati del mondo la consulenza aiuta lo Stato a riformare la PA, tema attualissimo in Italia, basti pensare a quanto sta facendo il governo Renzi e ad argomenti quali la spending review e l'utilizzo dei fondi europei».

E in effetti export e Pa sono due note dolenti per il comparto, con i ricavi legati al settore pubblico in calo del 2,3% nel 2013 (vale appena il 10,6% del giro d'affari) e una quota di ricavi realizzati all'estero che riduce il proprio peso al 9,6% del giro d'affari complessivo. Segnali migliori arrivano invece dal manifatturiero, con ricavi in crescita del 2% grazie in particolare alle piccole e microimprese: le commesse manifatturiere ora valgono per le società di consulenza quasi il 39% del totale.

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