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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 14:41.

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Si preannuncia un weekend incandescente per i 21 negozi Ikea della penisola. I Si Cobas hanno infatti lanciato un appello nazionale alla solidarietà di classe e una campagna di boicottaggio della multinazionale, di fronte alle lettere di licenziamento arrivate ai facchini di Piacenza, per le proteste avviate un mese fa e sfociate a inizio maggio nei picchetti davanti al deposito 2 di Le Mose che hanno paralizzato per una settimana il magazzino logistico del colosso dell'arredamento.

«Sabato 24 e domenica 25 maggio sviluppiamo iniziative di denuncia, controinformazione e boicottaggio presso i negozi portando a conoscenza della clientela cosa Ikea intenda per "stile di vita positivo verso le persone e l'ambiente"», è scritto nel documento ufficiale che il comitato di base ha diffuso oggi. A scatenare la rabbia la notizia di almeno 11 licenziamenti certi – ma si parla di una ventina – sui 33 facchini sospesi a Piacenza dalla cooperativa San Martino (che gestisce il deposito piacentino di Ikea).

«A tutt'oggi non tutti i 33 soci-lavoratori sospesi hanno ritirato le raccomandate contenenti i provvedimenti presi in seguito all'assemblea straordinaria di domenica scorsa. Aspettiamo siano state tutte ritirate per ufficializzare le sanzioni decise. L'assemblea ha optato per provvedimenti sanzionatori in forma individuale di diverso livello e portata a seconda dell'effettivo e comprovato comportamento da ogni singolo socio lavoratore, dalla sospensione al licenziamento», precisa Francesco Milza, presidente e ad della Coop San Martino, 1.600 addetti cui è applicato il contratto nazionale di settore.

Clima sindacale teso
Se l'attività logistica nell'hub piacentino è tornata alla normalità non altrettanto si può dire per il clima sindacale tra i facchini Ikea e di tutta la logistica emiliana. Nei giorni scorsi i cortei si erano allargati anche al negozio alle porte di Bologna dove Ikea aveva temporaneamente trasferito alcune attività di magazzino. E oggi i Si Cobas parlano di «licenziamenti politici in piena regola con Ikea a dirigere l'orchestra repressiva nei reparti antisommossa, ospitati all'interno del deposito della multinazionale, pronti ad uscire in caso di blocchi. Nella fortezza Ikea l'aria è pesante ed il controllo sui lavoratori associati al nostro sindacato è pressoché marziale». Ma i comitati di base stanno affilando le armi per una lotta che, dicono, «andrà ben oltre i cancelli bloccati con una campagna di boicottaggio internazionale».

«Il vero problema è quello della rappresentanza. Nel settore c' un basso tasso di sindacalizzazione - commenta Milza - con poche persone che hanno occupate male e con gli strumenti sbagliati pochi posti. Poche decine di facinorosi hanno impedito a quasi trecento colleghi di lavorare per una settimana». E ora la minaccia si allarga su scala nazionale.

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