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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 11 giugno 2014 alle ore 06:52.


CATANIA. Dal nostro inviato
I dati sono da far raggelare il sangue e li fornisce Andrea Bairati, direttore area Politiche territoriali, innovazione e education di Confindustria: la Sicilia è al 235° posto su 262 regioni Ue considerate e le province siciliane sono tutte al di sotto della media nell'indice di attrattività elaborato da Confindustria che considera 12 parametri: dall'innovazione alla qualità delle istituzioni.
La ricetta, invece, la fornisce il sindaco di Catania Enzo Bianco che torna a proporre il modello del distretto del Sud-Est come esempio di quale sia la strada da seguire per risalire la china e modernizzare il sistema siciliano. A partire da Catania, ovviamente, che scopre di non essere meglio di altre città siciliane nonostante un nucleo forte di imprese, innovazione diffusa, infrastrutture mediamente migliori di tutto il resto dell'isola. Così l'88° assemblea di Confindustria Catania (1.019 imprese e unità locali associate per un totale di 25.524 addetti), presieduta da Domenico Bonaccorsi di Reburdone, diventa l'occasione per una riflessione a tutto campo sul ruolo di Catania ma su come il capoluogo etneo può essere modello per lo sviluppo dell'isola. Perché all'ombra dell'Etna, forse più che altrove in Sicilia, ci sono le condizioni, quelli che Bairati definisce «asset importanti che vanno presidiati come gioielli di famiglia tenendo conto che i progetti e le idee senza esecuzione sono un puro atto di velleità». Un pericolo cui gli imprenditori intendono sottrarsi: «È il tempo di guardare avanti e cercare nuovi orizzonti – dice il presidente di Confindustria Catania –. Questo è un territorio che può contare sul valido contributo di donne e uomini di valore e di innumerevoli opportunità che chiedono di essere ancora valorizzate. Catania per la sua posizione ma non solo può essere considerata la porta del Meditrerraneo per la realtà economica, il patrimonio turistico, le infrastrutture logistiche, la spinta all'innovazione, il marcato spirito imprenditoriale nei molteplici settori produttivi, rappresenta un punto di partenza per la nascita di percorsi virtuosi di crescita».
Percorsi che vanno costruiti, anche all'interno di quella visione d'insieme che va sotto il nome di distretto del Sud-Est, "battezzato" un paio di mesi fa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e che comprende altre due province come quella di Siracusa e Ragusa. Un territorio che condivide la governance della Sac, la società aeroportuale da cui dipendono gli aeroporti di Catania e Comiso: un sistema che serve, ricorda l'amministratore delegato della Sac Gaetano Mancini, il 70% della popolazione siciliana e che nel prossimo quadriennio ha in programma investimenti per 100 milioni. «La Sac – ricorda Mancini – è uno strumento, un valido strumento ma resta tale, e non produrrà effetti significativi in assenza di uno sforzo complessivo di istituzioni locali, imprese e cittadini, intorno a un progetto di valorizzazione delle tante potenzialità presenti, a partire dall'offerta turistica».
C'è tanto da fare, un lavoro lungo sulle relazioni: tra enti pubblici e sistema produttivo, tra sistema produttivo e sistema bancario. «Dobbiamo instaurare relazioni ampie e profonde – dice Saverio Continella, direttore generale del Credito Siciliano –, di reciproca preferenza e condivisione dei destini imprenditoriali. Dobbiamo trovare un intento comune, al di là degli interessi particolari e di fazione. Dobbiamo riscoprire un agire per il bene di tutti. Concludo citando Henry Ford che sosteneva: Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo». E c'è da lavorare parecchio anche nelle relazioni tra imprese perché uno dei limiti è il nanismo imprenditoriale e un altro è l'incapacità di mettersi insieme soprattutto in alcuni settori. Come il turismo: «Un settore in cui – dice Francesco Russo Vinci, amministratore delegato delle Funivie dell?Etna – non riusciamo a consorziarci. Mentre vedo che nell'agroalimentare i consorzi funzionano».
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SOTTO LA LENTE

88
Gli anni
Il tempo trascorso
dalla fondazione
di Confindustria Catania a oggi: l'associazione
è stata creata nel 1926
1.019
Gli associati
Il numero di imprese e unità locali aderenti a Confindustria Catania secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2013: negli ultimi dieci anni l'associazione è cresciuta del 107 per cento
25.524
Addetti
Il numero di dipendenti
delle aziende associate
a Confindustria Catania:
la media occupazionale è di 55,1 addetti per azienda a fronte
di una media di 24,1 addetti
per azienda nel Mezzogiorno

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