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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2014 alle ore 06:38.

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CREMONA
Un nuovo patto con le banche, per riaprire i rubinetti dei finanziamenti e rilanciare lo sviluppo.
È il credito, o piuttosto la mancanza di questo, il tema centrale scelto dal presidente dell'associazione degli industriali di Cremona Umberto Cabini per la sua prima relazione nell'assemblea annuale degli imprenditori.
Un rapporto, quello tra banca e impresa, che nel corso degli anni si è deteriorato sia sotto il profilo quantitativo, con una "stretta" agli impieghi di quasi 100 miliardi dal picco del settembre 2011, sia qualitativo, con il progressivo venire meno del rapporto fiduciario tra i soggetti. «Abbiamo bisogno di nuove relazioni – spiega Cabini – senza cedere ad intransigenze di parte o ad avventate attribuzioni di colpe».
Gli ostacoli da rimuovere, infatti, per il presidente degli industriali di Cremona esistono su entrambi i fronti.
L'attenzione delle aziende dovrà così rivolgersi sul superamento di alcuni limiti attuali. Ponendo enfasi sulla capitalizzazione, sull'efficacia dei business plan, sulla separazione netta tra patrimonio personale e capitale aziendale, sulla capacità di guardare oltre la banca per diversificare le proprie fonti di finanziamento.
Interventi necessari, che tuttavia si devono accompagnare ad un altrettanto profondo rinnovamento culturale sul fronte bancario, che per Cabini deve riguardare soprattutto il "recupero" di antiche virtù.
Il legame con il territorio, avvicinando i centri decisionali al mondo dell'impresa; la specializzazione settoriale, che significa maggiore conoscenza del business da finanziare; il rapporto umano, evitando l'eccessivo turnover dei funzionari con evidente perdita di know-how locale; il senso del merito creditizio, troppo spesso chiuso in formule oggettive e poco incline a guardare aspetti qualitativi.
Alle banche si chiede così di rilanciare la partnership con il sistema produttivo perché «se vogliamo poter continuare a vantare la caratterizzazione manifatturiera dell'Italia si tratta di conciliare una finanza, non più esasperata, con l'economia reale».
Il credito è un tassello importante, ma Cabini guarda anche alla necessità di rinnovamento del quadro più ampio, a partire dall'Europa, con la speranza che il semestre italiano possa spingere nella direzione dell'auspicato Industrial Compact, una vera politica industriale comune che valorizzi la manifattura e sappia guardare oltre i meri principi contabili legati alla finanza pubblica.
E poi l'Italia, a cui servono riforme, «non come il frutto di una fase di emergenza bensì il risultato di una convinta maturazione e visione comune».
Infine i territori, che possono per Cabini giocare un ruolo importante nella creazione delle condizioni utili alla competitività delle imprese, migliorando la capacità attrattiva dell'area, rendendo più efficienti i servizi, gestendo la pressione fiscale locale come leva per premiare e incoraggiare chi investe, assume, fa partire nuove attività. La strada resta accidentata, comunque in salita, ma da Cremona il messaggio resta di ottimismo.
«Coraggio e volontà – conclude Cabini – ci condurranno fuori dal tunnel».
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