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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 13 giugno 2014 alle ore 06:57.

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MODENA
Vendite in crescita del 9,6%, export a +11,3%, produzione a +3,2 e pure un timido segno più (0,9%) davanti all'occupazione, con magazzini che si svuotano e ordini che si rimettono in moto: sono i trend dell'industria modenese nel primo trimestre dell'anno, voci di una ripresa ben sopra la media regionale e nazionale che sovrastano gli echi di crisi e terremoto.
Anche se sono caute le attese per i prossimi mesi dei 900 imprenditori di Confindustria Modena, riuniti ieri al Forum Monzani per l'assemblea annuale, si respira un gran fermento. Il passaggio di testimone tra l'uscente Pietro Ferrari dopo sei anni di mandato («passerò alla storia con l'etichetta di "presidente terremotato"», scherza) e l'entrante Valter Caiumi, eletto ieri alla guida dell'associazione con il 95% dei voti, segna la svolta «da un lavoro in costante emergenza, tra crisi economica, terremoto e alluvione a una ritrovata fase dove la progettualità potrà avere spazio, con la speranza che si sia davvero aperta una nuova fase di mercato», esordisce il carpigiano Caiumi, amministratore delegato del gruppo Emmegi (lavorazioni in alluminio, 500 addetti, 80 milioni di fatturato). E proprio in relazione al rinvio a giudizio per una questione di brevetti industriali che coinvolge la sua azienda precisa subito agli associati: «In questa vicenda io sono parte lesa. Avessi avuto anche il minimo dubbio di poter essere coinvolto direttamente non mi sarei neppure candidato».
Guarda avanti il neopresidente per traghettare la sesta provincia più ricca d'Italia verso la grande Confindustria dell'Emilia centrale: «Credo moltissimo nel progetto di fusione con Bologna e Reggio Emilia che ci porterà a un'unica rappresentanza per 4mila imprese, la seconda territoriale di Confindustria dopo Milano. Sarà il motore trainante dell'economia regionale e non penalizzerà la nostra copertura territoriale, tutt'altro. Ho iniziato a lavorare al processo già quand'ero vicepresidente e spero di completarlo prima della fine del mio quadriennio. Sono pronto a farmi da parte quando sarà il momento».
Ferrari lascia una struttura industriale tornata alla normalità pre-sisma (300 gli associati coinvolti dal terremoto, tutti ripartiti) «ma non alla normalità pre-crisi che non conosceva disoccupazione, mentre ora siamo a un tasso di disoccupazione del 7,6% e a livelli produttivi ancora sotto le performance ante 2008. In compenso siamo tornati vicinissimi al record storico degli 11 miliardi di export», ricorda. Le esportazioni modenesi sono infatti risalite a 10,7 miliardi, il 21% del dato regionale e quasi il 3% dell'export italiano. A preoccupare è però la continua ascesa della Cassa in deroga (+50% su base annua nel primo trimestre 2014), campanello delle difficoltà in cui arrancano artigiani, commercianti, microimprese. «L'industria da sola non ce la può fare a rimettere sui binari l'economia modenese – fa notare Ferrari – ma tutti insieme abbiamo dimostrato, di fronte al terremoto, la capacità di reazione che abbiamo scritta nel Dna di italiani. Speravo che ciò che è avvenuto qui in Emilia avesse un effetto di trascinamento su tutto il Paese. Così non è stato: le risorse per ripartire ci sono ma non riusciamo a sfruttarle».
Parte da coesione e solidarietà radicate nella cultura emiliana e riscoperte con il terremoto la sfida a migliorarsi che Caiumi lancia alla platea degli industriali: «Usciamo da crisi e calamità sicuramente più forti. Ora dobbiamo innovare il sistema di rappresentanza delle imprese e puntare sulla manifattura intelligente, l'Europa, il capitale umano, la ricerca, l'internazionalizzazione, il rapporto con le istituzioni e, non ultima, l'etica».
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Le lancette dell'economia modenese

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