Fa un po’ impressione essere finiti sul parigino Le Monde, sulla berlinese Die Tageszeitung e persino sul Times of India, il primo quotidiano al mondo in inglese per tiratura. Ma la storia di Nino Santoro, 62enne siciliano che ha inventato il caffè low cost di qualità e ha reinventato se stesso creandosi un nuovo lavoro da zero, ha ormai varcato i confini nazionali assieme alla sua rivoluzionaria caffettiera Kamira. Ormai esportata in tutto il mondo grazie alla tenacia e all’intraprendenza italiana, oltre che all’e-commerce. Il tutto a prescindere dal reddito di cittadinanza, come direbbe Totò. Ma andiamo con ordine.
Perito meccanico, Nino il caffè l’ha da sempre nel sangue, da quando a vent’anni lavorava di notte in un Autogrill e doveva restare sveglio la notte a colpi di espresso. Negli anni Novanta ha un’impresa che lavora l’acciaio e il ferro per l’edilizia, ma la sua vera passione resta quella per il caffè, di cui diventa per acclamazione l’esperto di famiglia. La leggenda vuole che Nino cerchi di creare una nuova moka in grado di dar vita al caffè perfetto, smontando e rimontando caffettiere, ma senza raggiungere il risultato sperato. «Era il mio chiodo fisso: da perito meccanico posso assicurare che le macchine industriali sono progettate secondo precisi invecchiamenti programmati - racconta - . Io ne ho buttate diverse, che comunque non avevano la stessa resa del bar. Così mi sono messo a unire insieme vecchie moke, con l’idea di creare una macchina espresso fatta per durare, semplice ed efficace».
La svolta arriva nel 1998 a Santa Teresa di Riva, vicino a Taormina. «Sulla terrazza siciliana dove mio padre faceva il caffè guardavo la moka produrre il liquido e mi dicevo che c’era qualcosa di fondamentalmente sbagliato - racconta Nino - bisognava ribaltare tutto per ottenere un espresso cremoso e buono come al bar». Nasce così (e viene prontamente brevettata) la futura Kamira, in pratica una moka rovesciata dal design vintage e futuristico al tempo stesso, dove l’acqua non è spinta dal basso verso l’alto come nelle moka tradizionali, che rischiano di bruciare gli olii profumati che rendono il caffè così buono, bensì dall'alto al basso, come al bar.
La base, dove poggia la tazzina, funge infatti da caldaia dove l’acqua viene scaldata (a 93 gradi, non a 100, per non bruciare le essenze) per poi salire lungo un tubo curvo che serve anche da impugnatura. In questo modo si ottiene un espresso di qualità usando la semplice polvere da moka, sette grammi a porzione, con un costo di appena sei centesimi contro gli almeno venti centesimi delle capsule e l’euro del bar. La macchina va alimentata col semplice caffè in polvere e lavora a tre atmosfere, contro le quindici atmosfere di quelle dei bar, garantendo così una maggior sicurezza, funzionando su qualsiasi fonte di calore, comprese le piastre a induzione e persino il ferro da stiro rovesciato. Due tazzine di caffè sono pronte in appena 90 secondi.
All’inizio la caffettiera rovesciata resta un hobby, ma ben presto Nino si rende conto delle potenzialità della sua creatura. «Tutti ne volevano una, così nei ritagli di tempo, pressati da quelle sollecitazioni, comincia a maturare l’idea di produrla – ricorda Nino - . A causa, o forse dovremmo dire grazie, alla crisi nel settore dell’edilizia c’è stata una forte accelerazione con una definitiva svolta nel 2012, anno in cui abbiamo deciso di occuparci solo della produzione della caffettiera che nel frattempo era diventata “Kamira”, titolata di tre brevetti». Il nome, Kamira, ideato dal figlio di Nino, deriva dall’unione di “kave” (“caffè” in turco) e “amira” (“principessa” in arabo).
In una prima fase la distribuzione si concentra presso i rivenditori locali, ma dal 2015 con l’approdo su Amazon il giro d’affari si impenna. Il colosso dell'e-commerce inserisce infatti la Kamira nella vetrina del made in Italy e in quella di Amazon Handmade, con il risultato di vendere la caffettiera rovesciata un po’ in tutto il mondo, dalla Germania all’Inghilterra, dall’Australia al Giappone, con un incremento del fatturato del 15%. Anche perché la qualità paga: come spiega Nino, mentre le multinazionali «vendono macchinette che hanno un’obsolescenza programmata», la sua Kamira in acciaio inossidabile può durare per sempre. Perché è fatta come si deve: con tutta la passione e la tenacia di un artigiano che si è saputo inventare una nuova vita.
PS: Il nome corretto del paese è Santa Teresa di Riva e non di Mira come in una prima versione dell’articolo
© Riproduzione riservata